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Marcelo ESTIGARRIBIA

Nasce e cresce insieme ai tre fratelli a Fernando de la Mora, a un chilometro di distanza dalla capitale paraguaiana Asunción. Inizia la sua carriera nelle giovanili dell’Unión Pacífico, squadra della città di Nueva Italia, prima di passare allo Sport Colombia, con cui debutta tra i professionisti all’età di diciassette anni. Nel 2006 passa al Cerro Porteño, che lo cede in prestito, per la prima parte della stagione, al Club Guaraní; rientrato dal prestito esordisce nella massima divisione il 12 novembre 2006 in Cerro Porteño-Guaraní, partita terminata con il risultato di 5-1. Complessivamente con i rossoblu ottiene un primo posto nel Clausura 2006,due secondi posti nel 2007 e un terzo posto nell’Apertura’08.

Nell’agosto del 2008 è acquistato dai francesi del Le Mans, approdando nella Ligue 1. Il 27 dicembre 2009 il Le Mans lo cede in prestito per sei mesi in Argentina, al Newell’s Old Boys. Al termine della stagione il Le Mans retrocede e il prestito è rinnovato per un anno, con la formula del prestito gratuito con diritto di riscatto fissato a 2,5 milioni di dollari. Nell’estate del 2001, il Newell’s, per ragioni economiche, non lo riscatta e, dopo la Copa America, il cartellino è acquistato da un gruppo di investitori: Marcelo è così tesserato dal Deportivo Maldonado, militante nella seconda divisione uruguayana.Il 28 agosto 2011, però, è ingaggiato dalla Juventus con la formula del prestito oneroso per 500.000 Euro; il diritto di riscatto del cartellino è fissato a 5 milioni di euro, pagabili in tre anni. Il 16 ottobre esordisce con i bianconeri in Serie A nel match contro il Chievo. Nonostante Estigarribia faccia parte delle seconde linee della squadra, il Mister bianconero Antonio Conte gli concede tante possibilità di scendere in campo; il giovane giocatore si fa subito benvolere anche dai compagni e dalla tifoseria. Realizza il primo e unico goal stagionale con la maglia della Juventus in campionato il 29 novembre 2011, nel pareggio 3-3 contro il Napoli. Il 6 maggio 2012, dopo la vittoria della Juve contro il Cagliari, vince il suo primo scudetto. Nonostante le 14 presenze e il buon rendimento, il giocatore a fine stagione non è riscattato.È convocato in Nazionale per la partita amichevole contro la Costa d’Avorio il 22 maggio 2008. Segna il suo primo goal con la “Albirroja” nella gara amichevole contro il Sudafrica il 31 marzo 2010.

“HURRÀ JUVENTUS” DICEMBRE 2011:

Composto, sorridente, solare. Questo è Marcelo Estigarribia. Uno degli ultimi giocatori arrivati in casa Juventus, è un ragazzo semplice, legato in maniera indissolubile alla sua terra, e con i suoi dribbling ha già fatto impazzire il popolo bianconero. C’è stata curiosità attorno a lui, fin dal primo istante. Lo si conosceva poco, perché chi gioca in Sud America ha una visibilità minore rispetto a chi milita in formazioni europee. Ma visto nelle partite disputate in Copa America, manifestazione nella quale è giunto con il suo Paraguay alla finalissima poi persa contro l’Uruguay, le premesse erano già delle migliori. Marcelo è per tutti Chelo, che tradotto in italiano significa violoncello, soprannome affibbiatogli fin da quando era piccolo: «Marcelo è sempre stato troppo lungo per amici e compagni. Da qui Celito e poi Chelo».Ha cominciato subito a “suonare” per la Juventus, in un calcio particolare fatto di serpentine, corsa, coraggio e grande cuore. Già, perché giocare in campi come lo Juventus Stadium o San Siro in un batter d’occhio non è cosa da tutti. Per raccontare Marcelo bisogna partire dalla sua data di nascita: 21 settembre 1987. Quel giorno i giornali aprono a tutta pagina sul piano americano per difendere l’Europa, sul trionfo di Alain Prost al Gran Premio di Lisbona, sulla battuta d’arresto della Juventus contro l’Empoli e sui fortunati vincitori del Totocalcio, un tredici che porta nelle casse degli italiani 400 milioni di vecchie lire. Mentre succede tutto questo, ecco spuntare il piccolo Chelo: «Ho avuto un’infanzia molto bella, ho tre fratelli e vivono tutti insieme con i miei genitori in Paraguay a Fernando De La Mora, a un chilometro di distanza dalla capitale Asunción. La famiglia per me è fondamentale. Ho sempre ricevuto molto: è grazie a loro se adesso sono quello che sono, un calciatore professionista che gioca in uno dei più grandi club al mondo come la Juventus».

Già, la Juventus. La parola “sueño”, sogno in spagnolo, la ripete più volte. Arrivare qui è il massimo, per chi comincia a calciare un pallone. Ma non è stato facile. Ha dovuto sudare, faticare e lavorare duro per emergere. Unión Pacifico, Sport Colombia e Cerro Porteño sono state le prime squadre. Poi la parentesi (breve) in Francia, al Le Mans, città più conosciuta per la ventiquattro ore automobilistica che per il calcio: «Come esperienza non mi ha lasciato molto. Ma comunque è stata importante per il prosieguo della mia carriera, mi ha fatto conoscere l’Europa».Il ritorno in Sudamerica è così cosa fatta, passando agli argentini del Newell’s Old Boys, ed esprimendosi ai massimi livelli: «Questo sì che è stato un passo rilevante. Mi ha permesso di far vedere tutto il mio potenziale, di andare in Nazionale e giocare la Copa America».Il bello è in campo, certo. Ma anche fuori. La sua pacatezza emerge anche lontano dal rettangolo di gioco. Dove la famiglia e la religione sono più importanti di tutto il resto: «Mi piace leggere la Bibbia e in generale i testi cattolici. Provengo da una famiglia molto religiosa, tutti siamo credenti. In ogni momento libero, in generale, mi piace stare con le persone care. Dialogare e confrontarmi con loro».

E qui entra in ballo la tecnologia, perché per stare a stretto contatto con i famigliari è inevitabile: «Sono molto tecnologico, mi piace stare mi piace stare al passo con i tempi, andare su internet, giocare alla Playstation, guardare la TV e i film. I miei preferiti? Quelli dove c’è azione, con temi di guerra e combattimenti. E non disprezzo le commedie».E poi c’è la musica. Dentro il suo iPod c’è da divertirsi: «Reggaeton, cumbia (melodie originarie della Colombia, ndr) e canzoni latine: sono i ritmi che si ascoltano in Paraguay. Uno dei miei cantanti preferiti è Luis Alberto del Paranà. Lo ascoltiamo in molti, nonostante il passare degli anni è ancora uno dei più ap-prezzati nel nostro Paese».Una curiosità: Luis Alberto del Paranà partecipò al Festival di Sanremo del 1966. Magari, tra le immagini della storia bianconera, Marcelo per prepararsi all’avventura juventina avrà scovato anche queste. Viaggiare, invece, non è tra le cose che preferisce fare. Appena può, torna a casa a Fernando de la Mora, anche se, pensandoci bene, c’è un posto che lo incuriosisce da anni: «L’Egitto. Vorrei vedere le Piramidi. Ecco, lì ci vorrei davvero andare».

La Juventus, fin dal primo giorno, l’ha accolto a braccia aperte. Torino ha poco in comune con le città vissute in precedenza, eppure è già entrata nel cuore di Marcelo: «La devo ancora scoprire bene, ho avuto poco tempo per farlo, ma in questi primi mesi sono stato benissimo. Mi sono integrato alla perfezione. Per un sudamericano ambientarsi in Italia non è difficile, la gente anche qui è molto calda. E poi l’Europa, vista l’esperienza in Francia, un po’ la conoscevo già. Mangio pasta e pizza, adoro la vostra cucina. Della città la cosa che più mi ha impressionato è stato comunque lo Juventus Stadium, per la vicinanza al campo e la bellezza dell’impianto».

E proprio in città, ha trovato subito un amico, anche lui arrivato da poco sotto la Mole: «Passo molto tempo con Vidal. Essendo entrambi sudamericani, abbiamo legato immediatamente».
Alla fine, ritorna la parola magica: “sueño”. Non rimbalza per caso, il suo è più un messaggio. Alla Juventus e ai suoi tifosi: «Arrivo da un Paese piccolo e umile, fondato sul lavoro, che si contraddistingue per la tenacia e la voglia di emergere. Ora che sono bianconero, voglio dimostrare tutto il mio valore. Qui voglio realizzare il mio “sueño” da calciatore».Parola di Chelo.

http://ilpalloneracconta.blogspot.com/2012/08/marcelo-estigarribia.html?m=1

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