Churchill o Bolsonaro (per tacer di Cottarelli)? Ovvero del tuttosubitismo acuto.

Quando da incendiari, invecchiando, si diventa pompieri, per non dire monaci zen, si impara ad riconoscere ed apprezzare la regola che le cose migliori non arrivano subito appena le desideriamo e qualcuno ce ne prospetta la realizzazione, ma occorre attenderle per un tempo che pare non passare mai e quasi sempre è il tempo necessario, direi fisiologico, affiché si realizzino. Ciò vale sia per gli eventi positivi che per quelli negativi, per le conquiste personali della propria esistenza e per quelle che riguardano la collettività e, ho fatto notare giorni fa che, a maggior ragione, i cambiamenti storici epocali non sono mai avvenuti nel giro di pochi giorni o mesi e che anche gli eventi più apparentemente improvvisi furono il risultato di una lunga preparazione, di un sapiente lavorìo più di cesello che di clava, condotto possibilmente nel back office e al riparo dalla luce accecante dei riflettori.
Purtroppo, nella società delle meteore e dei meteorismi, il pensiero magico sul quale si fonda la sua propaganda, somministrato continuamente per anni per infusione lenta, ha infine creato una platea di infanti che strepitano se non li si gratifica subito con il premio, e che pretenderebbe l’uscita dall’incantesimo malvagio con la semplice roteazione in aria della bacchetta e il pronunciamento della formula magica.
Agli infanti che non ottengono subito il bubbolino sale la delusione, il rammarico, il senso di tradimento, che poi è solo un sospetto non una certezza, il che la dice lunga sul loro concetto di fedeltà e fiducia, e si riversano in massa a piangere e a dichiarare il loro pentimento per essere stati costretti ad attendere ben sette mesi prima di poter finalmente gettare la spugna.
Mi riferisco, nello specifico, all’epidemia di tuttosubitismo acuto che ha colpito molti tra coloro che parevano i più sinceri sostenitori non del governo ma dell’idea che sottende all’operazione gialloverde, vero e proprio governo di emergenza messo in piedi mentre fischiavano le bombe provenienti da ogni parte; matrimonio che ricorda quello celebrato nei primi due minuti de “Il matrimonio di Maria Braun”.
Nozze abbastanza imprevedibili e sicuramente di convenienza che però non s’avevano da fare, sulle quali un canuto Don Rodrigo si affrettava a porre il veto per conto dei tanti Innominati suoi mentori e vari bravacci erano già pronti a proporsi al miglior offerente come esecutori finali del saccheggio dell’Italia.
Paiono aver dimenticato, Idelusi, l’atmosfera di quei giorni, i veti incrociati sulle persone, i piedini pestati per terra da chi si sentì imperatore per un giorno e infine la resa, l’offerta che evidentemente non si poteva rifiutare e il via libera a qualcosa che era e continua ad essere, che vi piaccia o no, l’unica alternativa alla CATASTROFE.
Perché, se vi fossero stati quegli altri, per non parlare di una Clinton alla Casa Bianca, oggi non solo vi avrebbero firmato contro il Global Compact, o per meglio dire Compost, visto che il punto d’arrivo è il Soylent Green fatto di persone; avrebbero spinto lo ius soli a forza in parlamento, stretto ancora la garrota attorno al collo dell’economia e compiuto altre operazioni di pulizia tecnica senza alcuna remora, ma avrebbero ceduto anche qualche altro braccio di mare alle prime sei telefonate dall’Estonia, oltre a fottervi per sempre e con gusto perché, è ufficiale, vi odiano e vi vogliono morti.
Nonostante questa prospettiva, ahimé, l’idea che eravamo in guerra e lo siamo ancora, lo siamo da una ventina d’anni almeno, non attecchisce in chi è disposto a capire che c’è la guerra solo se vede le divise, i fucili, i carri armati e i crateri delle bombe. I settant’anni di pace che ci ha dato l’Europa sono stati nient’altro che una lenta disabituazione alla capacità di combattere e difendersi. Un lungo decadimento nella pavida ed emasculata illusione che la guerra fosse stata esorcizzata per sempre. Un mondo di signorine che ora invece si stanno svegliando in prima linea e non non hanno niente da mettersi.
Vai a spiegar loro che in sette mesi abbiamo avuto qualcosa che pare nulla ma è tanto, che quando sei paralizzato e riesci infine a muovere un dito è un’enorme conquista, se c’è chi ti vuole ancora più impotente,  ma a Idelusi non basta perché loro volevano la magia, il prestigio, il “ma come hanno fatto, dov’è il trucco?” Quando i seguaci fanno “oh”.
Tutto questo festival della disillusione sta accadendo su quello strano palcoscenico che sono i social, luogo ove ormai pare abbiano riaperto quei manicomi che furono chiusi in nome della negazione della follia e dove invece questa volta si dispiega in tutta la sua devastante potenza, la nevrosi.
In fondo capisco chi è depresso e vuole lasciarsi andare giù nell’acqua gelida, Quando ti affezioni alla tua depressione – e loro sono bravissimi ad indurla su popolazioni intere, come abbiamo visto, con quelli che ripetono il mantra del “è tutto finito” a dimostrarlo – diventa angosciante pensare di uscirne. D’altro canto, più è forte la resistenza alla guarigione, più essa diviene possibile, come sa chi ha affrontato lunghi anni di analisi dove i passi avanti avvenivano non prima che il conflitto fosse stato individuato, visualizzato, combattuto e infine metabolizzato.
Non sto dicendo che l’operazione gialloverde sia perfetta, insindacabile e messa in pratica da entità soprannaturali infallibili. Lascio volentieri “il partito ha sempre ragione” a coloro ai quali purtroppo appartenni da incendiaria. In politica la delusione è una probabilità come lo è la soddisfazione. Entrambe sono variabili in gioco con la medesima valenza.
Mi pare tuttavia paradossale che, come ha detto Luigi Pecchioli nell’intervista ad Antonello Zedda, “ci si lamenti della partigianeria dei media e poi si creda alla loro versione dei fatti riguardo agli atti governativi”. Con ciò intendendo anche le “voci” che nascono sui social, le interviste malignette, le calunnie che da venticelli diventano uragani.
La vicenda del 2,04 che pare aver scatenato la disiscrizione in massa dal movimento sovranista (per andare dove e con chi non si sa, questo è il bello) è talmente freudiana e chiaramente una sorta di effetto collettivo “sole roteante di Fatima” che meriterebbe un post monografico a parte.
Sui media, certo, si poteva tentare di interrrompere il monoscopio a reti unificate e imporre un minimo di informazione non ostile all’operato del governo. Personalmente avrei cercato di mettere la cosa tra le assolute priorità, perché il morale delle truppe passa anche dalla sua messa in sicurezza rispetto all’esposizione alla propaganda nemica, ma se ciò non è stato fatto vuol dire che si sono preferite altre strade o si è stati costretti a non intraprendere quella via specifica. Temo anche che si sottovaluti il significato di un’egemonia culturale costruita pietra su pietra per un secolo e di cosa significhi smantellarla pretendendo di farlo per giunta in quattro e quattr’otto. Non tutte le costruzioni crollano in caduta libera in pochi secondi.
Grave non aver rimandato l’odiosa fattura elettronica voluta dai fattucchieri di prima, così come altri provvedimenti che avevamo supplicato fossero presi in considerazione riguardo alla loro abolizione.
Anche la vicenda, ancora più grave, della gestione della questione libertà di scelta sui trattamenti sanitari obbligatori, è fonte di irritazione e delusione, non lo si può negare.
Ciò non significa però che si debba mollare adesso quando si ha coscienza di chi si deve combattere e in quante forme diverse ci stia attaccando. Lo ripeto: non ci sono le divise ma i soldati, si. Le bombe scoppiano,  ci sono i morti e le distruzioni. Loro, nel qui ed ora, sono l’unica chance che abbiamo.
A chi oggi si dice deluso, dice che non voterà più, che, in sostanza, fascisticamente, se ne fregherà, chiedo cosa prevede in prospettiva e in alternativa a questa opzione. A parte il solito tecnico sociopatico, chi potrebbe arrivare, dopo Salvini e Di Maio, in caso di loro fallimento?
Detto che nella vita reale, non sui social dove siamo troppo impegnati a fare la ceretta brasiliana alle formiche, la gente ha chiaro in mente chi fino ad oggi l’ha vessata ed oppressa ed ha aperto gli occhi in modo forse irreversibile sulla sinistra, la mia paura è che, approfittando delle difficoltà incontrate da questo governo, qualcuno tra i simpatizzanti colga il pretesto per rifugiarsi nella sindrome di Stoccolma dalla quale era parso voler fuggire. Insomma, non riuscendo a fare a meno della droga che rappresenta la sinistra, la pera che ti fa sentire buono e giusto, restare umano e soprattutto non fascista, e non sopportando più di sentirsi un traditore per essersi “buttato a destra”, si metta in testa di salvarla per l’ennesima volta. Sarebbe un errore fatale, che ci riporterebbe alla casella di partenza per un nuovo giro, stavolta l’ultimo.
In secondo luogo, esauritesi le pile di fratel coniglietto Berlusconi, non escluderei l’ipotesi simil-Bolsonaro, ovvero il tanto peggio tanto meglio. Diciamo la chemio quella tosta, quella che quasi ti ammazza prima del cancro. Con i colonnelli o senza.
Io preferirei un Churchill come quello del famoso discorso:
“Siamo nella fase preliminare di una delle più grandi battaglie della storia.[…] Che ci troviamo in azione in molti punti – in Norvegia e in Olanda – , che dobbiamo essere preparati nel Mediterraneo. Che la battaglia aerea è continua, e che molte preparazioni devono essere fatte qui in patria.
Dirò alla Camera quello che ho detto a coloro che hanno aderito a questo governo: Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo davanti a noi un calvario del tipo più grave. Abbiamo davanti a noi molti, molti lunghi mesi di lotta e di sofferenza.
Voi domandate, qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una sola parola: la vittoria. La vittoria a tutti i costi – La vittoria nonostante tutto il terrore – La vittoria, per quanto lunga e difficile la strada possa essere, perché senza la vittoria non c’è sopravvivenza.
(Trascrizione del testo come originariamente letto da Churchill.)
I nostri devono soltanto entrare in questa mentalità. Una mentalità (purtroppo) da guerra. Qualcuno lo fa e continua a farlo da anni. Forse ci vorrebbe qualche “capannello” in più, per spiegare cosa si sta facendo. A volte possono essere l’assenza e il silenzio a creare sgomento.
Noi dobbiamo supportarli, stringendo i denti, pensando a Monti e Cottarelli e ai piddini in agguato. Come l’orologio rotto, due volte al giorno anche la Tina ha ragione: non vi è alternativa.
Odiatemi ma un giorno direte: “Quella stronza aveva ragione”.
Fonte L’orizzonte degli Eventi di Barbara Tampieri @lameduck1960
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