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E piove ancora di Francesco Montalto

 

Ho letto: E piove ancora
Autore: Francesco Montalto
Genere: Silloge

Recensione di Carlo Amedeo Coletta

E’ giugno. Ragazzi, chi avrebbe scommesso di essere ancora qui dopo tutto ciò che è accaduto? Non era così scontato secondo me. Comunque, si diceva, è giugno e piove ancora. Sì perché a maggio, forse, due gocce sono cadute dal cielo. In tutto il Lock down, invece, c’è sempre stato un meraviglioso sole da guardare alla finestra senza poterne godere. E adesso, finalmente, è giugno. Si può uscire. E quindi piove, diluvia. Giusto così. Potremmo correre il rischio di abituarci troppo bene.
A quanto pare, però, non piove solo lì fuori in mezzo alle persone che indossano mascherine più o meno efficaci. Può piovere in modi molto differenti da quelli che ci racconta il meteo; può piovere in posti molto più intimi di quelli che vediamo dal finestrino del treno o del bus.
Ce lo spiega bene Francesco Montalto. No, sto sbagliando. Non ci spiega proprio un bel niente il caro Francesco. Sapete che ci combina? Ci mette addosso la divisa da fanteria di prima linea, ci piazza tra le mani un ombrello piccolo piccolo e ci butta allo sbaraglio in mezzo alle zone più impervie dell’anima. E lì, si sa, piove quasi sempre. E Francesco non si diletta a fare il professore, no no! Non è di quelli che si piazza sul viso un ghigno obliquo da Al Pacino dicendo “Ehi bello, io ci sono già passato e ne porto le cicatrici, ora sta a te!”. No, Francesco è un poeta subdolo, di quelli che ti caricano in auto per darti un passaggio e poi ti mollano in mezzo al nulla, facendoti scendere dalla macchina con una scusa banale per poi richiudere subito lo sportello e partire sgommando. E adesso, tu che sei lì con la tua divisa da fanteria di prima linea, non puoi mica sfigurare di fronte a chi ti vede così vestito. Ti tocca procedere con passo incerto ma con aria sicura, fingendo di non guardare nessuno per non attirare l’attenzione. Tranquillo, non ce n’è bisogno. Nessuno si curerà di te, passante sprovveduto. La vita, anzi, si metterà in posa per lasciarsi osservare. Tutto sta a vedere da dove sei partito e in quale momento capirai che la vita che stai osservando, bè, è la tua.
Con Francesco si parte da un sigaro puzzolente che appesta l’aria quasi quanto brucia la gola, lasciato lì a spegnersi pian piano, con ritmo regolare nonostante il mondo intorno corra sempre di più. Di chi è quel sigaro? Non lo sappiamo ma, intanto, riempie il cammino di fumo e rende i contorni meno definiti. E’ l’inizio di un viaggio complicato. Affrontarlo in due sarebbe meglio, sarebbe più agevole. In due un muro sembra più basso. Ma qualcuno che amavamo non c’è più al nostro fianco, se n’è andato proprio poco prima che fossimo portati in quel luogo. Forse siamo finiti lì proprio perché siamo stati lasciati soli. Quanto senso ha la vita, i momenti, gli attimi, le esperienze se non c’è nessuno con cui condividere tutto? E’ un po’ la storia dell’albero che cade nella foresta senza che nessuno lo senta né lo veda. Avrà davvero fatto rumore? Teoricamente si ma se nessuno lo ha sentito, come fa a esistere un suono o un rumore che nessuno ascolta? Come esistiamo, noi, se nessuno ci vede e ci sente?
L’opera di Francesco è un lungo viaggio, reso breve dal ritmo conciso e incalzante. Si parte con un sigaro, è vero, ma c’è spazio anche per il vino, la birra, le sigarette. C’è spazio per il pregiudizio e, forse di più, per il giudizio. Perché quando si è abbandonati a se stessi, il giudizio più severo è il nostro. E non è quasi mai clemente. Eppure, in qualche modo, la sera arriverà sempre e ogni giorno si ricomincerà da capo. Ogni giorno cercheremo qualcosa o qualcuno, senza mai raggiungerlo. Il bicchiere sarà sempre lì, mezzo pieno o mezzo vuoto a seconda di quanto piova nell’anima.
Bè, vi consiglio una mantellina, ben impermeabile ma non troppo pesante. In quei posti lì, quelli dell’anima profonda, fa molto freddo e se non vorrete rimanerci troppo tempo sarebbe opportuno aver tanta voglia di tornare al caldo per accelerare il passo.
Nel frattempo, vi auguro buona lettura ma, in questo caso, sarebbe meglio buon viaggio
A presto

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