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Filthy Shades of… 103 di MsFMaria ~ Keanu

 

 

Articolo di MsFMaria ~ Keanu

 

 

Nell’episodio precente (Jingle di apertura con un quartetto a cappella dal gusto Anni ’40): «Sono un’enigma avvolto in un paradosso e il mio pronome è Essi/loro in inglese They/them. […] Nella mia professione di scrittura per il teatro e per il cinema e soprattutto come interprete “attore”, questa neutralità è una condizione ideale perché mi permette di immedesimarmi con una prospettiva particolare […]. Per citare Grotowski con una decodifica aberrante e decontestualizzata, attore-santo e attore-prostituta». (Dissolvenza su un microfono antico con un riflesso di luce che avvolge il metallo e colpisce in pieno la pupilla)

Salve e grazie di essere tornato a leggere queste righe strampalate, caro pubblico che ancora legge e non si ferma solo a sentire. Proprio a voi mi rivolgo in queste righe di apertura poiché già a poche ore dalla pubblicazione ho ricevuto commenti e complimenti: ringrazio per entrambi dato che i commenti mi permettono di crescere e i complimenti diventano terreno fertile per l’autostima. Avverto, tuttavia, che oggi mi dilugherò un po’ di più.

Mentre scrivevo l’articolo (possiamo chiamarlo così?) precedente, ricevevo un messaggio su WhatsApp con il quale mi si chiedeva di informare quando avrei parlato della mia particolare figura. Questo mi fece sorridere dato che, nella vita, in un modo o nell’altro, la mia “figura” è stata sempre percepita come “oggetto di studio” e di “curiosità”: si tratterà di come funziona il mio cervello (o quel che ne rimane tra un delirio e l’altro)? Forse il motivo per cui, dopo una vita trascorsa sui libri e in una sorta di semi-conformismo con la società, decisi di prendere in mano la mia vita e cominciare a vivere? O semplicemente il fatto che rimane un’aura di mistero su di me sui vari social networks? Non chiedetemi una risposta: ho portato la sfera di cristallo a revisionare.

La parte più ironica è che dal momento in cui ti trovi su un palco e, apparentemente, risulti credibile, chiunque si interessa a te. Vedo già gli occhietti da anime sbattere le palpebre. Fornisco un esempio classico: scena romantica con coinvolgimenti vari, baci, interazioni del caso, etc. Il tutto avviene tra due persone apparentemente uomo e donna: quando si scopre che uno dei due soggetti non è cis-gender o per nulla etero, si sentono già i pop-corn scoppiettare in cucina e le ditina digitare freneticamente sulla tastiera. Il pettegolezzo muove il mondo come il conflitto e la domanda che spesso mi si pone è: “Quando baci un uomo in scena cosa provi? Come fai?”. A quel punto, sono i miei occhioni da anime a sbattere le palpebre freneticamente, cercando di capire se l’interesse sia posto sulla tecnica attoriale o sulla persona: bisogna scindere le due persone in quanto io e il personaggio siamo due identità, due nature a sé stanti. Il mio personaggio può essere un folle omicida che mangia fegato con fave e “un buon Chianti”, ma in realtà io non riesco neanche a cacciare una mosca, non sopporto la vista della carne in quanto vegan e non tocco alcohol da anni. Il mio corpo, la mia mente, la mia arte restano al servizio del personaggio insieme alle mie emozioni, sono e non sono quell’entità: se mi immedesimassi tutte le volte, impazzirei e perderei la mia identità. Tuttavia, ritornando alla scena romantica di cui sopra, nel momento in cui devo baciare un uomo in scena e lasciarmi trasportare verso qualcosa di più (con ovvi limiti scenici), si tratta del personaggio A con B, provo le sue emozioni e sento i suoi pensieri. Come riesco ad attuare questa scissione? Per quello basta seguire le prime puntate del mio format radiofonico o contattarmi personalmente per approfondire le basi della recitazione Stanislavskijana.

Ciò nonostante mi rendo conto che chi assiste non sempre riesce a scindere la mia identità dal personaggio, a fine spettacolo e che quindi non sempre risulto credibile io come persona. Mi è capitato anche con amicizie che mi hanno seguito nella fase della mia formazione artistica ed evoluzione personale. Giusto perché il pettegolezzo diventa il primo motore immobile aristotelico, raccondo un aneddoto personale.

Prima di conoscere tutte le diverse etichette del mondo/della comunità LGBT+ (e io formo parte del “+”, “er più”), cercavo di spiegare a modo mio a determinate persone come mi sentissi, quello che provassi e come mi identificassi. Dopo anni e anni di spiegazione e sentirmi dire:

“Dai, è solo una fase. Vestiti da donna, truccati un po’ e trovati un bel ragazzo… o ragazza… comprendo che tu sia bisessuale. Ma lo sei davvero? A teatro, baci solo uomini?”,

un bel giorno esplode la bomba e s’è visto il fumo a miglia di distanza: arcobaleno ovviamente, sullo stile Orsetti del cuore ft Mini-pony a un concerto di Jem (la fiera del trash in poche semplici parole, per chi ha vissuto la mia infanzia). Parlo con codesta persona amica da tanti anni e dico (in maniera molto concitata qualora lo richiedesse il copione, perché in tutte le telenovelas che si rispettino, questo è il momento in cui si sente anche una colonna sonora a effetto):

“Ascolta, da una persona come te di decantati vasti orizzonti mentali non ci si aspetta una frase del genere. Guarda, ti aiuto io: il mio nome è gender neutral, fuori dal palco, il mio orientamento sessuale non categorizzabile e soprattutto non si tratta di una fase. Dato che anche tu appartieni al mondo dello spettacolo, dovresti sapere bene che chi bacio in scena non corrisponde con chi mi attrae – al 99,99999999% dei casi. In nome della nostra amicizia, chiamami Keanu e quando parli di me con le altre persone utilizza il loro con l’utilizzo dello schwa nel parlato e dell’asterisco nello scritto. Ti ringrazio per i consigli di moda, ma ho un mio stile personale”. (Non so voi, ma ho sentito in sottofondo un Eminem ft Michielin and Fedez in una fusione di “Slim Shady” e “Chiamami per nome”. Devo ritornare a rivedere l’analista)

Appena vi racconto la risposta vi sembrerà di avere assistito a un dejà-vu di una scena tratta da In&Out del 1997 (“But you’re so tall!”).

“Come vuoi, Maria. Solo che tu neghi la tua femminilità e la tua bisessualità. Ricorda che sei una bellissima donna e ti accetto così come sei ed è così che ti vedo”.

Vedo già il meme di Castle che cerca di commentare, rimane a bocca aperta, ma poi evita. E non scrivo la continuazione di questa conversazione in quanto vietata ai minori.

Molto probabilmente (se) questa persona leggerà di getto e molto di fretta quest’articolo e noterà una licenza poetica nel riportare la nostra conversazione, ma l’ho fatto per sottolineare la situazione grottesca. Ringrazio a ogni modo di avermi aiutato con questo piccolo momento ad avermi aiutato ad aprirmi di più con il mondo.

Prima di continuare, per ogni riferimento allo schwa in relazione all’alternativa all’asterisco, Un’alternativa all’asterisco.

Spesso e volentieri, è molto più semplice gridare al mondo, un pubblico estraneo e lontano ciò che si sente, come ci si vede, chi ci attrae e via discorrendo. Nel caso di chi recita, mi sento anche dire che  dato che ci si abitua a fingere e che non si sa mai quando stiamo raccontando la verità (e su questo ritorneremo). Quello che, invece, costa di più è dirlo a chi ti sta accanto e divide con te attimi e respiri. Se dovessi stilare un grafico di cerchi concentrici, in quello più esterno porrei le amicizie più intime, via-via, parenti con legame emotivo più stretto e infine coloro che generano la tua vita. E anche lì è una grande scommessa in quanto, benché ti possano volere un bene dell’anima e dare la vita per te e accetteranno a modo loro di vederti come desideri per non ferirti, per loro resterai sempre quel piccolo fagottino che hanno stretto per la prima volta nelle loro braccia ovvero una rappresentazione concreta e fisica di quell’embrione che si è sviluppato nel tempo. Proprio per questo motivo, bisogna pazientare di più con loro – non perché non ti accettino, bensì perché ti amano al punto di provare ad accettare come tu ti senti e tentare in tutti i modi di non mostrare come loro continuano a vederti. Avrebbero in senso lato tutti i diritti di imporre il loro punto di vista egoistico, ma perdono ogni sentimento che contenga “io” nel momento in cui quell’embrione nasce dall’unione di noi e comprendono che, alla fine, questo corpo è solo un involucro che contiene semplicemente un essere vivente.

Pertanto, quando ci rapportiamo con un’altra persona, cerchiamo di metterci nei suoi panni e capire il suo punto di vista: un attore non giudica mai il proprio personaggio. E se poi l’altra persona appartiene alla categoria dei “rifiuti solidi organici” o delle “cause perse”, libero arbitrio su come comportarsi. D’altronde anche in Giurisprudenza esiste la distinzione fra diritti assoluti, relativi e potestativi.

Dissolvenza incrociata su una sequenza in bianco e nero con classica di Perry Mason in chiusura, mentre mi dimentico il microfono aperto e si odono commenti sulle offerte dei detersivi organici al supermercato alternativo.

 

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