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Prisoners of Nowehere dei My sundley spleen Recensione

Ho ascoltato il disco Prisoners of Nowehere dei My sundley spleen
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recensione di Ben Croce
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Ascolto moltissima musica indipendente ed emergente per passione e per il sito megliodiniente.com, adesso poi con il web è molto facile, tutti mandano le loro cose con una mail, non come una volta quando ti dovevano arrivare le cassette o i cd via posta.
Beh la prima sorpresa (graditissima) è stata questa: I Sunday Spleen hanno pensato bene di inviarmi il loro CD semplicemente dicendo: ”ascolta”.
Chiaramente do sempre ascolto a tutto quello che ricevo, almeno un ascolto, anche a quelle cose che poi andrò a scartare. Hai visto mai che mi passano sotto il naso i nuovi Beatles e me li perdo! E comunque ascoltare significa dare una possibilità a chi si espone e questo mi pare doveroso. A volte qualcuno non è pronto e manda lo stesso le proprie cose, però fa parte di un percorso di ogni artista, per cui è importante e cortese almeno un ascolto. Almeno per come sono fatto io.
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I My Sunday Spleen chiaramente non fanno parte di questi. Non sono di primo pelo. E si sente. Anzi la cosa che salta subito all’orecchio è una band che ha un passato e credo che sia abbastanza importante a livello di dischi, band, live e quanto altro. Almeno questa è la mia sensazione ascoltando l’LP ”Prisoners of Nowhere”. La band sa suonare e sa che cosa vuole. La direzione è abbastanza chiara. Direi diretta. C’è una ricerca della semplicità e dell’essenziale. Niente fronzoli. Niente pomposità. Armonia e sonorità che definirei emozionali. Non è poi così facile suonare e ”riempire” in terzetto ma loro lo fanno molto molto bene. Non è così facile essere semplici e non banali. Semplici e allo stesso tempo ricercati. Tutto suona molto bene e molto ben fatto.
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Il disco all’ascolto è godibile. Anche a un primo ascolto. Nonostante non sia particolarmente pop. Anzi direi che non lo è. Le sonorità a impatto sono molto vicine ai Muse e ai Palcebo, ecco forse l’idea che mi danno è molto simile a questi ultimi che ho nominato, ma le divagazione sono tante e curiose. C’è qua e la qualcosa di Police. Qualcosa riconducibile ai Pink Floyd come in ”I’ve lost my feelings” che poi nel refrain porta dentro qualcosa di David Bowie. Altre tracce mi riportano alla fine degli anni 80 ai Cure e ai Cult come in Black Alone. Insomma il viaggio è abbastanza variegato e gli ”ascolti” di questa band sono tanti e vari evidentemente. Ci sono anche pezzi spiazzanti come ”Prison” con un intro in stile charleston anni 20 e un rock incalzante alla Bruce Springsteen tipo ”salgo sul palco io e la chitarra e spacco”, infine una tromba eccellente di Stefano Costantini che è l’unica aggiunta a un disco veramente suonato alla maniera ”on the road”. ”Almost Nothing” chiude il disco (almeno quello fisico perchè sul sito c’è ”She wolf” una traccia bonus ) e chiude alla grande, questa infatti sembra l’unica canzone con un respiro da grande palco e non da piccolo club, chissà forse la chiusura in realtà è un apertura, il segnale di un nuovo viaggio che vorrà intraprendere la band!
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Davvero questo è un bel lavoro e la band non si è risparmiata per realizzarlo. Ottima struttura delle canzoni e cura nella scelta dei suoni e degli arrangiamenti. E’ probabilmente un disco di maturità e non di esordio e si vede. E’ un disco che suona molto bene in un locale, su un piccolo palco, dove fra clienti che chiacchierano e bevono birra il trio composto da Vincenzo De Tommaso – chitarra e voce, Armando Trivellini basso, voce , piano e altro e Zerobitz alla batteria credo sia ampiamente a proprio agio. Credo anche che siano contenti del risultato finale e non potrebbe esser che così. Credo sarà un problema scegliere i singoli.
Buon ascolto a tutti!
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One Response

  1. Armando Trivellini 15 Aprile 2021

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