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RECENSIONE REVIEW MISSION IMPOSSIBLE: FALLOUT–MOMENTI MENO APATICI

ARTICOLO DI MR CINEAPATIC

MOMENTI MENO APATICI – RECENSIONE REVIEW MISSION IMPOSSIBLE: FALLOUT

OVVERO L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI ETHAN HUNT

Ci sono 800 milioni di buoni motivi per cui Mission Impossible è una saga di tale successo, ma ci si poteva davvero aspettare un riscontro del genere dal sesto episodio del franchising di Tom Cruise?
800 milioni al botteghino lo rendono il film più redditizio della saga, quello con i maggiori incassi della carriera di Tom Cruise e uno dei 100 film col più alto incasso della storia del cinema, a cui va aggiunto un ottimo riscontro di critica.

Ma quanto di tutto ciò è effettivamente merito del film di per sè è quanto invece è uno strascico della saga e della sua portata mediatica?

TRAMA (NO SPOILER)

Ethan deve sventare una super minaccia mondiale con tanto di testate nucleari vendute al mercato nero e mega terroristi malvagissimi che minacciano di far saltare mezzo pianeta.
Solita premessa alla Mission Impossible, soliti messaggi che si autodistruggono, tuttavia in questo episodio gli agganci con il passato e con il resto della saga si fanno molto più preponderanti e ci immergono in un calderone di eventi al limite del surreale.

REGIA

Cristopher McQuarrie è ormai a tutti gli effetti il regista pupillo del buon Tommaso Crociera. Ha diretto gli ultimi due Mission Impossible e l’ultimo Jack Reacher, ha lavorato alla sceneggiatura oltre che di questi tre appena citati, del remake de “La Mummia”, di “Edge of Tomorrow” e di “Operazione Valchiria”, tutti con Tommasone protagonista; sporadicamente lavora con lui persino alla produzione. Insomma un sodalizio artistico/imprenditoriale che dura da diverso tempo e che è risultato per lo più vincente e remunerativo, se togliamo quella porcata de “La mummia” e l’idea fallita del Darkverse.
La sua regia a livello tecnico sia in “Rouge nation” che in “Fallout” è praticamente perfetta.

In quest’ultimo si permette qualche virtuosismo in più rispetto al capitolo precedente, ma non cerca di strafare, attenendosi comunque a dei canoni registici molto precisi. Utilizza movimenti di macchina molto netti, sempre al centro dell’azione e catalizza l’attenzione sui punti giusti. Molte carrellate,  primi piani su Tom solo nelle sue espressioni migliori per non far risaltare le zampe di gallina, ma questo ormai è un marchio di fabbrica della saga.


(MEZZO SPOILER)

Magistrali sia le scene della discesa folle col paracadute con il salvataggio surreale che Tom Cruise compie con il suo “collega” a 10.000 metri di altitudine,  sia lo scontro allucinante verso la fine del film dentro all’elicottero precipitato nel mezzo delle montagne. Quella della discesa in paracadute, fra parentesi, ha reso Tom Cruise il primo attore nella storia ad utilizzare la tecnica Hig Altitude Low Opening, utilizzate realmente per atterrare di nascosto in territorio nemico dalle forze speciali.

Voto: 8 – Spilberghiana con un tocco di follia

FOTOGRAFIA E AUDIO

Tendono a fare tutto sul blu in questa saga, giuro.

Non so per quale motivo, ma da sempre marchio di fabbrica della saga di Mission Impossibile è questa palette di colori bluastri, fa eccezione solo “Protocollo Fantasma” che tende al rosso.

Un sodalizio artistico coi puffi che dura dai tempi di Brian de Palma e il primo Mission Impossible, ma magari sono un fottuto pazzo daltonico.
Tralasciando questa disamina cromatica, la fotografia è molto curata in tutti gli ambienti, anche se non ha una particolarità che la faccia risaltare in modo preponderante. Si attiene a delle regole molto precise sui tagli di luci e sull’uso delle ombre negli ambienti più angusti.

Non osa mai più di tanto, ma d’altra parte in questo film probabilmente al DOP hanno detto “fai la fotografia, occupa meno spazio possibile e non cagare il cazzo. Abbiamo in primis da pensare a come far sopravvivere Tom Cruise ad una caduta di 40 metri, vedi di togliere i proiettori e gli stativi dai coglioni”.
Stessa sorte per il fonico, al quale hanno anche intimato di bruciargli la casa se stava troppo in mezzo alle palle.

Un lavoro sporco quello di fotografia e audio in questo film, ma qualcuno doveva pur farlo.

Voto: 7,5 – Soldati di ventura

SCENOGRAFIA, COSTUMI, TRUCCO

Ah, si recensiscono queste cose nei film di Mission Impossible?
La scenografia è interessante in alcuni punti, ma non ti resta impressa. Il vero lavoro il costumista lo ha dovuto fare solo nella scena della festa della “Vedova Bianca” (riuscito) e quelli del trucco si sono occupati prevalentemente di rendere Tom Cruise un po’ meno verso i 60 e un po’ più verso i 40, con risultati altalenanti.

Voto: 6,5 – Tom non deve invecchiare

MONTAGGIO E VFX (E SOPRATTUTTO “STUNTMAN”)

Ok, il montaggio è fatto molto bene. Non ha punti morti, non ha sbavature, non ci sono errori, fila tutto liscio ed è davvero ben fatto.

Tuttavia non me ne voglia il buon Eddie Hamilton se non mi dilungo a elogiare il suo pur ottimo lavoro, perché qui c’è altro su cui soffermarsi.
Questo film ha alcune delle migliori scene d’azione mai viste e una quantità di rischi corsi dal cast del film imbarazzante.

(SPOILER)

Come sappiamo, Tom Cruise non usa controfigure e si sottopone a durissimi allenamenti per poter interpretare tutte (ma proprio tutte) le scene d’azione presenti nei suoi film.
Va bene essere stoici, ma cazzo Tom hai 56 anni!

Invece di diminuire, mano a mano che passano gli anni, i rischi da correre, lui sembra prenderci gusto nel rischiare la pellaccia il più possibile.
La scena col paracadute e la caduta dall’elicottero hanno necessitato, da sole, due anni di preparazione.

Si è rotto una caviglia correndo per davvero in mezzo ai tetti di Londra e ha completato la scena lo stesso, per poi lanciarsi fuori campo agonizzante e rimettersi in piedi in 6 settimane, quando i medici gli avevano ordinato 9 mesi di riabilitazione.
A tutto questo aggiungete pure che certe scene in questo film o le facevi buona la prima, o dovevi aggiungere altri milioni al budget col rischio che il film fallisse prima di ultimare le riprese.
Alle volte si sottovalutano gli effetti speciali con un sprezzante “Eh, vabbé, ma togli gli effetti speciali e il film non è un granché”.
E’ una frase puerile, al limite del ridicolo, perché quando l’utilizzo di effetti speciali, integrati con un’ottima regia, rendono possibile un film come “Mission Impossible: Fallout”, vuol dire che hai fatto un lavoro magistrale e da ammirare, che vale da solo il prezzo del biglietto.

Voto: 9 – Fuori da ogni concezione logica

RECITAZIONE

Qui cominciano le note negative di un film fino a qui praticamente perfetto.
Non fraintendetemi, Tom è da oscar. Non ovviamente per l’interpretazione in se, ma per la filosofia con cui affronta il suo lavoro. Non molla mai, lui è il perfetto servo del mezzo cinematografico, ma su di lui scriverò davvero un articolo speciale su questo blog.
E’ perfetto per il ruolo che deve interpretare, che ormai conosce a meraviglia. E’ il buono buonissimo che combatte in un mondo cattivissimo.
Per quanto riguarda gli altri personaggi non sfigurano per quello che è il film, anche se i dialoghi sono spesso al limite del ridicolo e quindi rendono anche gli interpreti fastidiosi.
Menzione disonorevole a parte per Sean Harris (Solomon Lane), che rende il personaggio del terrorista fuori coi sentimenti più patetico che inquietante, e per il personaggio di Hanry Cavill.

(SPOILER).

Quest’ultimo e il suo August Walker sono imbarazzanti dal momento in cui si scopre che lui è il vero “villan” della situazione fino all’ultima fotogramma in cui appare.
Prima di ciò, per il ruolo del “bambolotto pompato” che viene smerdato in più occasioni da Ethan funzionava anche, ma poi quando deve ritagliarsi uno spazio un po’ più “drammatico” si rivela ridicolo, grottesco e alle volte totalmente fuori luogo.
Peccato, perché secondo me con un’accezione diversa, il personaggio poteva farcela.
Il resto del cast funziona: Simon Pegg è la solita spalla comica, Luther è sempre Luther e Alec Baldwin è sempre Alec Baldwin.

Voto 7 per Tom “Eroe” Cruise – 5,5 per il resto del cast

SCENEGGIATURA

Il problema della sceneggiatura non è quello di essere mal concepita, ma di essere mal gestita.
Cercando di spiegarmi meglio, hai sempre l’impressione che qualcosa non torni, che alcuni pezzi del puzzle non si incastrino, che non ci sia coerenza, anche se poi in effetti forse c’è.

Colpi di scena telefonati e poi ribaltati, quasi come si fossero resi conto gli sceneggiatori stessi che erano troppo banali.

Tempi della narrazione che non coincidono volutamente con quelli del montaggio o invece sono proprio errori?

Non è dato sapere.
I dialoghi sono scritti alle volte davvero col culo e mi hanno spiazzato, perché invece “Rouge Nation” in questo aveva fatto passi da gigante rispetto al resto della saga.
L’ironia concepita benissimo del capitolo precedente, questo non prendersi troppo sul serio del personaggio di Hunt, erano stati gli ingredienti che maggiormente avevo apprezzato del quinto capitolo. In “Fallout” invece l’ironia funziona solo in alcuni punti (vedi la scena della lotta nel bagno) e dopo ci sono una serie infinita di collegamenti col resto della saga che sono troppi e troppo condensati. Queste due donne di Tom Cruise che ad un certo punto diventano davvero troppo centrali nella gestione della trama, questi continui dialoghi alla “volemose bene”, questo personaggio del cazzo di Sean Harris, che porca puttana non lo sopporti davvero più per quanto sia futilmente lo stereotipo del cattivissimo. Tutto diventa davvero stucchevole e fastidioso.

Voto: 4,5 – Molto meglio Rouge Nation

CONCUSIONI

E’ Mission Impssible, in tutte le accezioni positive o negative che si possano dare a questa affermazione.

E’ spettacolare, forse più spettacolare di tutti gli altri film della saga messi assieme, è magistrale in tutte le sue componenti action ed è un prodotto pazzesco, ma purtroppo ha una falla gigantesca nella scrittura.
Sono lontani i tempi dell’atmosfera sopraffina del 1996 di De Palma e non torneranno più, su questo non ci sono dubbi, ma purtroppo c’è un enorme passo indietro anche rispetto a Rouge Nation.
Quanto questo influisce negativamente sul prodotto finale?

Credo che per lo più influisca poco per la maggior parte del pubblico. A me un po’ di male lo ha fatto, ma sono uscito dalla sala comunque con la voglia di rivedere Tom rischiare la vita per donare al pubblico l’adrenalina che solo Mission Impossible sa dare.

Voto: 7,5 – Meno Mission, Più Impossible

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