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THE MOODY BLUES

 

 

Articolo di Emilio Aurilia

 

 

Agli albori degli anni sessanta durante il fertile periodo di germogli rock e blues, si muoveva il il duo Krew Catse formato dal tastierista Mike Pinder e il flautista Ray Thomas. Ad essi si unirono presto il chitarrista Danny Laine, il bassista Clint Warwick e il batterista Greame Edge.
Sarà proprio Laine (che nel 1971 ritroveremo nientedimeno come insostituibile membro dei Wings di Paul McCartney) a impostare il nuovo gruppo, già battezzato “The Moody Blues”, verso un soul rock molto intenso ed efficace; ma ciononostante la band, sia pure illuminata dal singolo “Go Now” ripresa da Laine proprio nel periodo Wings, non riesce a decollare causando le defezioni del più volte citato chitarrista e di Warwick, presto sostituiti rispettivamente da Justin Hayward e John Lodge.

Dopo gli inizi un po’ sperimentali e balbettanti, i Moodies si orientano definitivamente su di una miscela fra rock e interventi orchestrali, una sorta di rock sinfonico progressivo ante litteram ponendo come base nelle mani di Pinder il mellotron, uno strumento avveniristico formato da nastri registrati in grado di riprodurre una sezione di archi o fiati azionati tramite una tastiera. “Night In White Satin”, ripresa da noi dai Nomadi e dai Profeti come “Ho Difeso Il Mio Amore”, è un esempio del rinnovato sound del gruppo dall’album “Days Of Future Passed” (1967). Nel successivo “In Search Of The Lost Chords” un anno dopo, continuano a prevalere gli abbozzi sinfonici dell’episodio precedente, ma il gruppo raccoglie l’attenzione del pubblico grazie alla spumeggiante “Ride My See Saw”. Il loro sound riprenderà sempre più i connotati sinfonici con i successivi “On The Threshold Of A Dream” e “To Our Children’s Children’s Children” entrambi del 1969 che con le loro suite pompose e i poemi narrati un po’ retorici, preferendo la completezza dell’album alla frammentarietà dei singoli, contribuiscono ad influenzare i primi gruppi prog come ad esempio i King Crimson.

“Seventh Sojourn” (1972) è l’ultimo album del periodo migliore e potremmo definirlo quello finale a tutti gli effetti perché la band, pur riprendendo l’attività fra alti e bassi e cambi di formazione a snaturarne l’identità iniziale a intervalli irregolari, non si ripeterà più ai livelli conosciuti e apprezzati facendo difficilmente staccare dallo zero l’interesse negli anni di pubblico e critica.

 

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