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VISIONI NORDICHE Intervista ad Alessandro Antonello dei Ragnarök Duo

 

VISIONI NORDICHE
Intervista ad Alessandro Antonello, vocalist e musicista del Ragnarök Duo

A cura di Riccardo Gramazio (Ricky Rage)

Un lavoro fantastico, quello del veronese Ragnarök Duo, figlio della passione smisurata per le antiche culture del nord e, sopratutto, della costante ricerca sonora. Il cantante (e non solo) Alessandro Antonello e il polistrumentista Davide Florio esplorano a dovere mondi incredibilmente affascinanti, proiettando il pubblico verso terre selvagge, fredde e, al contempo, piene di vita, di storia, di popoli e di calore. Il disco d’esordio,Viking & Nordic Folk, è intenso, celebrativo, viscerale. Insomma, sto parlando di una produzione ben fatta, quasi unica, da ascoltare assolutamente. Se poi siete come me appassionati della serie Vikings, beh, la proposta dovrebbe suonare più chiara, molto più chiara. Bene, Alessandro ci racconta un po’ tutto di questo brillante progetto, dai festival a tema alla mitologia, dalla scelta musicale alla risposta del pubblico…

La prima domanda sorge spontanea. Parliamo di folk nordico, insomma, non proprio una formula comune. Come vi siete avvicinati a questo genere?

Ciao Ricky, parlerò anche a nome del chitarrista Davide. Beh, penso che sia una domanda che a molti sorge spontanea. Noi siamo partiti come duo country, con il semplice piacere di girare per i locali. Arrivando già da un panorama di musica celtica, irlandese e metal, seguivamo comunque la scena folk/metal-folk europea e, con l’ondata della serie tv Vikings, abbiamo preso un sacco di spunti musicali. Da lì è partita tutta la passione e gli approfondimenti sono diventati sempre più dettagliati. Alla fine, di brani country ne abbiamo portato forse solo uno, già dal primo live, il 21 gennaio del 2017, in un pub in centro a Verona. Già, quella sera ci fu una grande risposta dal pubblico.

Ciò che più mi ha incuriosito è proprio il senso di ricerca e di studio. Le vostre composizioni nascono sicuramente dalla passione per le tradizioni dell’Europa settentrionale e per il mondo vichingo, ma portare così tanta epicità in un progetto non mi sembra affatto impresa facile…

Quando ci sei dentro e capisci come proporla, restando dentro alla linea e allo stile che hai scelto, non dico che tutto diventi semplice, ma di sicuro viene un po’ da se.

Utilizzate le lingue scandinave, ricalcando fedelmente i pezzi della cultura popolare. Quanto è difficile avventurarsi di volta in volta in simili avventure? Siete italianissimi, del resto, veronesi…

Come ti dicevo, quando lo senti tuo, non sembra poi così difficile. A livello musicale, Davide ha il compito di realizzare dei giri principalmente con chitarra e supporti digitali come loopstation, rivisitando le melodie originali; io oltre alla talharp (strumento tipico scandinavo) e al tamburo, cerco di entrare nel pezzo, percependo al meglio il suono delle parole, traducendole per il significato del pezzo e poi riproducendole con il mio stile.

Il vostro album, Nordic & Viking Folk, è un vero gioiello, un lavoro assolutamente importante. Come lo avete realizzato? Mi riferisco alla produzione vera e propria.

Grazie del complimento. L’idea era quella di creare un prodotto più vicino possibile al live, così che i nostri fan potessero portarsi appresso l’emozione dei nostri concerti, ma allo stesso tempo abbiamo voluto caricarlo a livello di effettistiche digitali, cosicché potesse diventare competitivo nella nicchia. Il primo passo è stato da Lorenzo Guadagni, nel suo Omega Recording Studio di Buttapietra (VR). Nello studio abbiamo registrato tutta la parte in acustico, in modo molto pulito e accurato. C’è da dire che, con la mano di Lorenzo e con l’ambiente prevalentemente in legno, la qualità già senza effetti digitali o compressioni, era stellare. Per Lorenzo è stata un’esperienza singolare; non gli era mai capitato un progetto così particolare. Il secondo passaggio è stato spedire il tutto a Umberto Fabbri del Valalla Studio di Brisighella (RA). Umberto lo abbiamo conosciuto una mattina del 2017, dopo aver suonato la sera prima a un Viking Festival, il Midgard, che si tiene a Viadana (MN); voleva complimentarsi con noi. Spesso ci ricorda tuttora di aver creduto in noi sin dal quel momento. E quindi un bel giorno si rifece sentire spiegandoci il suo progetto e il suo studio. Dal nome Valalla si può già capire. Era il nostro uomo per concludere il lavoro. Difatti Umberto è molto preparato su tutto il mondo della registrazione e dell’editing post produzione. E’ un ingegnere del suono, ha un ottimo gusto ed è molto orientato soprattutto sul nostro genere. Crea sonorità shamaniche di sottofondo e del mondo che ci interessa. Quindi, finalmente, con l’arrivo del Covid è uscito pure il nostro album, che era richiesto dal primo concerto del 2017.

A trascinare il disco c’è anche If I Had a Heart, brano che abbiamo imparato a conoscere grazie alla celebre serie tv Vikings. Era impossibile non includere la canzone, vero? Fantastica…

Esattamente, era impossibile non includerla. Fortunatamente, avendo strumenti completamente distanti dai Fever Ray, la canzone ha preso un’altra piega, più suoni viking, diciamo. E’ l’unico brano, per ora, in lingua inglese.

Parliamo dei testi. Ciò che traspare è sicuramente il livello evocativo e mitologico. Cosa rende davvero affascinanti le liriche di queste creature?

La prima cosa affascinante per me è il suono di queste lingue, che rimanda la testa direttamente in quei luoghi. Dopodiché, sicuramente affascinano molto anche tutte le storie e le leggende dentro a queste canzoni.

E il pubblico come risponde alla proposta?

Il pubblico indubbiamente è ciò che ci permette di esistere. Sulla nostra scia, dalle nostre parti, si sono create addirittura piccole compagnie e ce le ritroviamo ai concerti e a volte a bere assieme. Dal 2017 a oggi, abbiamo avuto occasione di spargere il verbo nordico da Roma a Cortina e da Torino a Venezia. La cosa stupenda, che ci carica e ci da la forza di andare avanti con positività, è sapere che ovunque c’è qualcuno che ama il nostro genere e che ci accoglie quasi sempre con immensa ospitalità. E chi non ci ha mai sentiti difficilmente resta indifferente. Non lo dico con presunzione, ma è la realtà dei fatti e di molte volte accadute.

In ogni caso, divulgare questo tipo di materiale è a mio avviso doveroso. Le tradizioni e le culture continuano a vivere proprio per artisti come voi. Continuerete a lavorare in questa direzione o avete idee diverse, magari ancora più ambiziose?

Certo, da una parte continueremo col nostro stile, poi abbiamo in canna un progetto parallelo con una collaborazione elettronica, ma non sveliamo ancora nulla. C’era inoltre l’idea di entrare in qualche campo storico di periodo vichingo, ma bisognerà attrezzarsi a dovere ed essere più fedeli possibili, perché i rievocatori, giustamente, sono molto fiscali. E poi c’è una mezza idea di trattare canzoni che arrivano anche dal resto del nord del mondo, come Siberia e Alaska.

Raccontatemi qualche aneddoto curioso legato alla vostra musica. Un paio di episodi vichinghi, magari…

Sicuramente i principali e bei ricordi vanno ai Viking Fest, come il Midgard (MN), il Runika (VE), e il FjallsteinVikingr Fest (Roma); siamo sempre accolti benissimo e in amicizia, in mezzo a gente vestita a tema, fuochi e corni pieni di idromele e mercatini con un sacco di cose belle. Abbiamo suonato per esempio durante l’accensione del fuoco sacro. Poi ricordiamo alcuni matrimoni, con sposi fuori dal comune. Abbiamo suonato durante rituali matrimoniali celtici o norreni, addirittura buddhisti.

Ascoltate anche altri generi musicali. Come dire, cose più mainstream?

Assolutamente sì. Io e Davide suoniamo anche in un altro gruppo, più numeroso e virtuoso, gli Alban Fùam, Irish folk tradizionale. Attualmente questo gruppo, nella sua nicchia è uno fra i primi in Italia con centinaia di migliaia di ascolti su Spotify e siamo in piedi da undici anni, con in media settanta concerti l’anno. Poi io ho ascoltato molto metal, industrial, black metal, gothik rock e rock in generale, ma ho sempre avuto una fortissima vena pulsante per il folk. Anche Davide arriva da interessi rock in generale, soprattutto anni ’80, ma già nella sua famiglia l’amore per l’Irlanda e per il mondo celtico erano radicati.

Situazione musicale in Italia. Come stanno andando le cose, secondo voi? Covid a parte, chiaro…

L’Italia è una straordinaria fucina di talenti. Però qui in Italia non ci danno nessun aiuto. Già eravamo quasi inesistenti prima, obbligati quasi tutti ad avere un secondo lavoro per sopravvivere, perché per la maggior parte della gente, lavorare con la musica è visto solo come un hobby. Ora, con il Covid la situazione, per noi è imbarazzante. Ma nonostante tutto ci diamo sempre da fare e abbiamo molti live.

Possibili soluzioni?

Attualmente le poche soluzioni per suonare sono organizzare concerti privati, feste. Ci hanno dato la possibilità di ritornare sul palco dopo il covid. Per fortuna anche la scena nei locali si sta risvegliando, con le dovute precauzioni.

Una cosa che non ho chiesto e che vorreste dire?

Come Duo non facciamo solo musica. Nella pagina Facebook spesso divulghiamo storie, leggende, miti e nozioni di archeologia del periodo vichingo, avvicinandoci ai nostri amici delle rievocazioni storiche.

Per concludere. Secca: Ragnar o Bjorn?

Risata. Io amo Ragnar, come personaggio. Davide credo ami anche lui Ragnar, ma so che tifa soprattutto per Bjorn la Corazza. So che si fa anche chiamare così, perchè senza occhiali da vista somiglia un po’, fatalità, all’attore Alexander Ludwig. Grazie mille per questa intervitsa. Ci ha fatto molto piacere raccontare di noi. Skål!

https://www.facebook.com/ragnarokduo/

https://open.spotify.com/album/25w4UeQClvonujmXwhwbLE?si=7DVVcvpbTDiXqA8MGrrOTg&fbclid=IwAR3Nl_4EOLQ8GN3Ycy_-JXUdj1jwoEY0L0Ghx8IQk3AtHJAeyP3R1hcIjqY

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