Istantanee Rock

EROINA Le confessioni tossiche di Lou Reed

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

Droga e rock, rock e droga. Insomma, nulla di nuovo, cose dette e ridette, trite e ritrite. Nell’immaginario collettivo il legame tra musica e stupefacenti, tra arte ed eccessi, è considerato solidissimo.
Ma c’è una canzone, un pezzo in particolare, capace di raccontare il tossico matrimonio in maniera perfetta? Beh, a me viene in mente sempre la stessa composizione e sono sicuro che molti di voi converranno con me.
Heroin dei Velvet Underground, contenuta nel mitico e quasi omonimo The Velvet Underground & Nico del 1967, rappresenta in sostanza l’esplicito viaggio emotivo di un tossicodipendente, la confessione estrema di un uomo alle prese con il disagio e con la solitudine, capace di trarre maledetto conforto da un ago, da una sostanza che presto, come egli stesso immagina, potrebbe spedirlo nell’aldilà. La droga è una ferita dolorosa, ma al contempo è una plausibile fonte salvezza. Il mondo fa schifo, la società fa schifo, il potere fa schifo e di combattere per qualcosa non ne abbiamo più voglia, probabilmente abbiamo già dato e ne siamo usciti con le ossa rotte.
L’eroina è moglie, è vita, è in qualche modo una dannata possibilità. Sembra dire proprio questo, il buon Lou Reed.
E quando l’ago penetra si diventa qualcuno, persino Gesù Cristo:

When I’m rushing on my run.
And I feel just like Jesus’ son.
And I guess that I just don’t know.
And I guess that I just don’t know.

I versi che il cantautore newyorkese nel 1964 decide di comporre sono incredibilmente forti e taglienti, carichi di disincanto. Avvio lento, con l’arpeggio di chitarra e la batteria della brava Moe Tucker a disegnare un mondo. Poi si cresce, aumenta l’intensità: la droga sta prendendo il sopravvento e dobbiamo cantarlo, dobbiamo suonarlo, dobbiamo urlarlo al mondo intero. L’effetto sonoro è esattamente questo, riuscitissimo, incredibilmente veritiero, riempito per giunta dai giochi di viola elettrica del polistrumentista gallese e confondatore del gruppo John Cale.
E dopo la botta tossica si scende di nuovo. Siamo totalmente fatti, chissà, forse a un passo dall’overdose!

Heroin, be the death of me.
Heroin, it’s my wife and it’s my life,
because a mainer to my vein
leads to a center in my head
and then I’m better off than dead.

Come detto, l’eroina è moglie e vita…
Una canzone importantissima, di una testimonianza amara e destinata a essere ricordata per sempre.
Nel 1967, i Velvet Underground confessano, raccontano tutto senza filtri. E lo fanno per sette fottutissimi minuti, tra sali e scendi emotivi, totalmente devastati dall’eroina.
Ah, mi raccomando! Lasciate perdere la droga…

megliodiniente

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