Istantanee Rock

LE PRIME 72 STAGIONI DI VITA Il ritorno dei Metallica

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

Sono passate ormai due settimane dall’uscita dell’undicesimo disco dei Metallica, il tanto atteso 72 Seasons, e così mi vien voglia di scrivere qualcosa a riguardo. La curiosità ha sicuramente incrementato il livello generale di entusiasmo, già di per sé piuttosto alto, situazione ovvia e più che motivata, quando si parla di grandi nomi della musica internazionale, nomi con oltre quarant’anni di carriera da raccontare e che possono permettersi di tirar fuori quando ne sentono il bisogno. Del resto, dopo aver fondato nel 2012 la propria personale etichetta, la Blackened Recordings, i signori hanno raggiunto la massima libertà artistica e strategica. Un lusso, un privilegio e un preciso status, riassumibili in una frase: quello che si vuole, come lo si vuole, senza alcun tipo di condizionamento esterno, che voi siate d’accordo o no. Per la distribuzione internazionale poi, c’è sempre la Universal e si può stare tranquilli con la diffusione.
Altro aspetto importante e capace di attirare l’attenzione, come lo stesso cantante e chitarrista James Hetfield ha dichiarato nei mesi precedenti alla pubblicazione, l’album non è altro che un omaggio, un concentrato, una sintesi dei primi diciotto anni di vita di un individuo, quelli che in qualche modo pongono le basi, che ci formano, che ci fanno capire chi siamo, come pensiamo, cosa proviamo, ma anche che tipo di personalità andremo a proporre al mondo, per natura, per incontri o per esperienze accumulate. La matematica non è un’opinione, diciotto anni, divisi in settandadue stagioni; il legame eterno e indissolubile con l’infanzia, molto spesso presente nelle paure o nelle preoccupazioni di tutti i giorni; i primi anni dell’esistenza, sempre pronti a riaffiorare e dai quali, in fondo, non possiamo mai davvero separarci; le immagini, i ricordi, le nostalgie, l’educazione ricevuta e gli errori dei più grandi, genitori compresi, da aggiungere ai nostri, tutto sommato perdonabili per via della giovinezza.
Tematiche toste da raccontare in musica, ma non semplici da affrontare con paroloni da psichiatra o da educatori. Meglio allora libertà, rabbia e istinto, in perfetto stile Metallica. Spacchiamo le idee, spaccando i timpani…
Filosofie a parte, il successore di Hardwired… to Self-Destruct del 2016 è fuori da quasi due settimane e, sapete cosa vi scrivo, dato che ho voglia di scrivere? Semplice, che è un ottimo lavoro, gustoso e piacevole. Considerando la bella copertina, possiamo già ribattezzarlo Yellow Album. Dopo diversi ascolti sono piuttosto convinto della mia tesi, e me ne fotto delle opinioni altrui, molto spesso forzate dai paragoni con il passato, dalla pseudo competenza, dalla presunta ed eccessiva orecchiabilità dei brani, dal midtempo generale, dai riff non esattamente originali o dai soli non indimenticabili. Sì, perché più o meno sono queste le critiche che ho letto in giro, che ho sentito e che, lo ammetto, mi hanno fatto incazzare. Dai, ragazzi, separiamoci qualche volta dalla storia di una band, a maggior ragione se straordinaria come questa, e godiamoci il lavoro senza tirare in ballo Kill ‘Em All, Metallica o Load, da una vita al centro di centinaia di segoni mentali.
Esempi di segoni mentali?
Meglio prima!
Meglio adesso!
Sono finiti nel 1988, con …And Justice for All!
Load riascoltato ora suona davvero grande!
Con il Black Album si sono venduti!
Il Black Album è inarrivabile.
Sempre le stesse cose!
Troppa produzione e troppi abbellimenti!
Ah, ma la batteria di Lars Ulrich non va bene!
Dal vivo faranno sempre cagare!
Questi sono segoni mentali, datemi retta, fottuti segoni mentali!
I nuovi brani sono belli, accattivanti e ben impacchettati. Nulla di così nuovo, vero, la durata non è propriamente morbida, anzi, il pezzo miracoloso probabilmente non c’è, ma 72 Seasons ha secondo me il pregio di raccogliere praticamente tutte le sfumature che i nostri hanno saputo collezionare nel corso degli anni, dal 1983 al 2016, e aggiungere di volta in volta al glorioso repertorio. Come dire, una specie di greatest hits, non di tracce ma di sonorità.
I quattro singoli scelti per avvicinarci all’uscita ufficiale del 14 aprile 2023 (in ordine, Lux æterna, Screaming Suicide, If Darkness Had A Son e 72 Seasons) ci avevano già spiegato qualcosina e lo avevano spiegato egregiamente. Il migliore? Penso proprio Lux æterna, che ha già il sapore del classico e che da solo può valere mezzo acquisto del disco. L’ho ascoltato cento e passa volte e ancora non mi stanca. Pubblicato senza annunci vari nel novebre del 2022, esattamente sei anni dopo Hardwired… to Self-Destruct, il brano ha fatto subito centro. Un ritorno al trash metal che ha reso popolare Hetfield e soci, realizzato però oggi e che proprio per questo motivo, tornando alla lista di critiche, non dovrebbe essere paragonato, pregi o difetti, al contenuto di Kill ‘Em All. Suvvia, Lux æterna è un pezzone. Fermiamo allora le paranoie ed evitiamo di comparare per forza il presente al passato di un gruppo, soprattutto davanti a un’opera come 72 Seasons. Se proprio non ci riuscite andate ad ascoltare quello che vi ha fatto amare i Metallica e lasciate quello che dei Metallica proprio non sopportate. Mi sembra così semplice…
Il disco è fottutamente divertente, è potente, orecchiabile e pieno di cose fighe. Non penso al Black Album o a Master Of Puppets, quando lo ascolto. Se lo facessi, e non vale solo per i Metallica, non potrei apprezzare effettivamente nulla di nuovo o quasi. E tornando alla lunghezza complessiva, beh, prendetevi il giusto tempo, come ho fatto io, perché la conclusiva Inamorata, undici e passa minuti, è per esempio molto bella e intensa.
Poche paranoie, dai!
Un paio di aneddoti, prima di consigliarvi ancora una volta l’ascolto dell’album.
Primo: dando un’occhiata ai crediti è possibile ritrovare diverse volte Kirk Hammet tra gli autori, a differenza del capitolo precedente, causa lo smarrimento di uno smart phone pieno di bozze e di idee all’areoporto di Copenaghen. Quindi, bello avere anche lui nella lista dei compositori.
Secondo: per la prima volta il bassista Robert Trujillo, nella band dal 2003, dopo l’uscita di Jason Newsted, ci regala una performance vocale nel quinto brano You Must Burn! E canta pure bene, Robert.
Non una recensione vera è propria la mia, ma una raccolta di riflessioni che ho deciso di condividere, con la speranza che la grande musica possa sempre mettere tutti d’accordo. Per il resto, beh, lux æterna sia, proprio come canta incazzato Hetfield nel singolo bomba.

megliodiniente

Recent Posts

KUKLA “COSE DELL’AMORE”

UN VIAGGIO EMOTIVO ATTRAVERSO IL CUORE Kukla racconta le molteplici sfaccettature dell'amore nel suo ultimo singolo,…

1 ora ago

“COSÌ NON FINIRÀ”, IL NUOVO SINGOLO DI PATRIZIA KOLOMBO E GIANNI NEGRI

  LA LINGUA ITALIANA E QUELLA NAPOLETANA SI FONDONO NELL’ESSENZA DELL’AMORE IN “COSÌ NON FINIRÀ”,…

2 ore ago

MARIA MASELLA “TUNNEL”

MARIA MASELLA PROPOSTA AL PREMIO CAMPIELLO 2024 E FINALISTA AL PREMIO CERESIO IN GIALLO CON…

2 ore ago

TUTTO BENE, primo album di EDODACAPO

  TUTTO BENE, primo album di EDODACAPO, cantautore tarantino di stanza a Torino. ASCOLTA L’ALBUM: https://found.ee/edodacapo_tuttobene L’album…

2 ore ago

Grazie di tutto Max e buona fortuna a chi verrà dopo di lui

Articolo di Ben Alessandro Magno Croce Che il tempo di Max sulla panchina della Juventus…

1 giorno ago