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“L’ umanita’ si trova oggi ad un bivio.Una via conduce alla disperazione,l’ altra all’ estinzione totale.Speriamo di avere la saggezza di scegliere bene”.Woody Allen

 

 

 

Secondo delle espressioni frequenti,tipo “non c’e’ pace tra gli ulivi” oppure “vogliamo la pace nel mondo”,la pace e’ una aspirazione inestinguibile.Eppure questa agognata pace non sembra essere cosa del mondo terreno.Essa non risponde agli interessi che di volta in volta sono prevalenti e utili per l’ umano consorzio.La pace che si puo’ raggiungere e’ per definizione temporanea,in attesa di nuovi sviluppi che perseguono l’ utile necessario.Un esempio lampante di realpolitik e’ stato il governo della Francia ad opera dell’ astuto cardinale Richelieu.A quel tempo l’ interesse primario era quello statale al quale si poteva sacrificare qualsiasi cosa:anche la pace desiderata dal popolo.Oggi il potere supremo e’ economico e risulta anche piu’ evidente che esso prospera attraverso i conflitti.Il nascente militarismo degli stati e la fiorente industria bellica marciano nella stessa direzione.D’ altra parte le anime belle che si dichiarano pacifiste in realta’ sono espressione delle classi privilegiate (detentrici del potere) che ricavano questa supremazia proprio dal perpetuarsi dello status quo.I conflitti e quindi la guerra rappresentano una manna per il sistema capitalistico.A partire dal seicento con l’ affermarsi della rigida etica protestante si instilla nell’ uomo un senso della disciplina connesso alla marzialita’.Poi nel tragico novecento con le due guerre mondiali si realizza come la produzione industriale poteva fare un salto di qualita’.Al punto cui si e’ arrivati tramite il cd. progresso tecnologico vale quanto detto dal filosofo tedesco Karl Lowith “gli avvenimenti storici in quanto tali non contengono il minimo riferimento ad un senso ultimo e comprensivo”.Dopo la caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) sembrava che le aspirazioni umane al bene avessero trionfato tanto da far dichiarare “la fine della storia (e l’ ultimo uomo)” (opera del politologo statunitense Francis Fukuyama).Di sicuro quando si considerano i fatti correnti,tipo l’ uomo piu’ ricco del mondo (Elon Musk) che compra e usa la piattaforma digitale piu’ influente al mondo (Twitter) come se fosse un giocattolo per trastullarsi,viene da pensare che la storia e’ finita.Il fatto e’ che l’ analisi filosofica o anche psicologica sull’ esito delle umane sorti era viziata dal pregiudizio della superiorita’ del modello occidentale e cristiano.Nelle intenzioni la fine della storia significava la vittoria del bene rappresentato dal sistema della democrazia liberale che presuppone a livello economico il capitalismo.Secondo Fukuyama l’ evoluzione storica e’ empirica nel senso avviene per tentativi,per cui l’ uomo con la sua memoria storica puo’ comparare e valutare quale sia il risultato migliore.Il trionfo del sistema democratico e capitalista dimostrava che i corsi storici sono intelligenti perche’ hanno realizzato il meglio.Tuttavia questo esito felice nasconde delle ombre (una specie di lieto fine dietro il quale si cela la realta’ concreta).Difatti la globalizzazione o mondializzazione che imperversa dagli anni novanta significava le “magnifiche sorti e progressive” fin quando l’ Occidente era saldo al potere;poi quando hanno cominciato ad affacciarsi le restanti e numerose parti del mondo l’ interconnessione non e’ stata piu’ apprezzata.Questa e’ l’ epoca delle policrisi,ossia piu’ crisi insieme secondo l’ espressione coniata dallo storico inglese Adam Tooze,il quale dice:”Immaginare che i nostri problemi futuri saranno quelli di cinquant’ anni fa significa non capire la velocita’ e le proporzioni della trasformazione”.Infatti l’ Occidente,o meglio i vari governi che lo compongono,agiscono d’ urgenza affrontando un problema alla volta,anzi archiviandone uno dopo l’ altro.Per due anni la questione fondamentale era la pandemia,ora tutta l’ attenzione e’ riservata alla guerra in Ucraina.Quello che rende lo stato di crisi permanente e’ proprio l’ esistenza di un apparato mediatico imponente che estremizza e protrae senza soluzione di continuita’ il discorso.Un altro accademico americano Samuel Huntington era contrario alle tesi di Fukuyama elaborando la teoria dello “Scontro di civilta’ e il nuovo mondo mondiale”,per cui sono le civilta’ (insieme delle caratteristiche culturali,biologiche,linguistiche,economiche,religiose) che producono la storia intesa come contenitore di agonismo tra gli Stati che tra loro sono competitivi.Non si puo’ pensare che il fine della storia e’ predeterminato per il bene universale,ma ogni periodo presenta una forza prevalente che all’ apice declina superata da una emergente.Per es. il settecento grazie alla filosofia illuministica riprende la tematica della ciclicita’-anaciclosi di uno Stato (elaborata a livello storiografico dal greco Polibio in relazione alla distruzione di Cartagine ad opera di Roma) per cui nella sua opera storiografica (pubblicata nel 1778) Diderot cosi’ si rivolgeva agli insorti americani:”Possano (i valorosi americani) ritardare,almeno per qualche secolo,il decreto pronunciato contro tutte le cose di questo mondo;decreto che le ha condannate ad avere una nascita,un periodo di vigore,la decrepitezza e la fine!”. Pertanto non appare plausibile una placida tendenza anche sulla base dell’ apocalittico traguardo raggiunto nel mese di novembre:8 miliardi di esseri umani.Un altro storico anglosassone,Herbert Fisher,ha detto:”Uomini piu’ saggi e piu’ preparati di me hanno visto nella storia una trama,un ritorno,un disegno prestabilito.Io queste armonie non riesco a vederle.Tutto quello che riesco a vedere sono delle situazioni di emergenza che si susseguono le une alle altre come fanno le onde”.La polarizzazione sistemica di ogni aspetto della vita umana favorendo l’ estremismo e l’ isteria collettiva non permette una pacifica discussione e risoluzione delle criticita’.Per converso si arrivera’ a non gettare acqua sul fuoco,ma a far scoppiare nuovi incendi.Potrebbe essere utile il consiglio dispensato dallo psichiatra al giovane Alvy,turbato dall’ espandersi senza sosta dell’ universo:”Finche’ dura goditela!”

 

 

Nel film “Io e Annie”,l’ alter ego infantile di Woody Allen,Alvin si deprime all’ idea dell’ ineluttabile destino di un mondo che tende al proprio disfacimento.Sua madre (apprensiva e ossessiva-sic!) non capisce cosa gliene importi di quel che capita all’ universo dal momento che loro vivono a Brooklyn e soprattutto cosa c’ entri questo col rifiuto di fare i compiti.Il medico da cui lo ha portato rassicura il piccolo paziente che tutto finira’ in un futuro cosi’ lontano che loro non ci saranno piu’,per cui tanto vale continuare a godersela.Eppure se e’ inevitabile simpatizzare con il bambino che invece di essere spensierato e incosciente si preoccupa delle sorti del mondo;anche sua madre ha ragione perche’ quello che puo’ continuare a fare un bambino,e ciascuno di noi,e’ continuare a svolgere la quotidianita’ presente.Infatti deprimersi difronte cambiamenti che non sono sotto il nostro controllo,significa accettarli passivamente senza assumersene la responsabilita’.Invece l’ unico modo che abbiamo di incidere sulla trama di una Storia imprevedibile piu’ che inevitabile e’ compiere i nostri doveri senza farsi distrarre in modo che le cose non siano gia’ scritte.

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