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COMUS

Articolo di Emilio Aurilia

Come è successo anni fa per i Catapilla o per Mike McGear, piace ogni tanto occuparci di musicisti che, pur dovendo essere considerati “minori”, hanno comunque saputo pronunciare qualche parola simpatica nell’esteso (ero per dire infinito) àmbito del rock.

Gli inglesi Comus hanno rappresentato una interessante proposta tra folk e rock progressivo nell’arco di quattro anni (1970-74) e due album, ricostituendosi poi nel 2008 realizzando un altro prodotto nel 2012.

Il loro è un sound prevalentemente acustico che si giova dell’utilizzo di strumenti inusitati nel mondo del rock come violino, oboe e fagotto, battendo un po’ tutte le strade del folk; da quello europeo a quello asiatico o africano come succedeva all’ Incredible String Band di cui abbiamo trattato. Il canto è ora lamentoso, scandito; ora beffardo, quasi teatrale pervaso da un gusto gotico a richiamare i riti pagani di cui il dio Comus (figurato nella inquietante copertina del primo album) sarebbe uno dei rappresentanti.

L’ossatura della band è rappresentata da Roger Wootton (chitarra e voce), Glenn Goring (chitarra), Andy Hellaby (basso) e Bobbie Watson (voce e percussioni), a cui si sono avvicendati anche Lindsay Cooper allora degli Henry Cow all’oboe e Dieter Malherbe dei Gong al sax.

First Utterance” e “To Keep From Crying”, rispettivamente del 1971 e del 1974, sono i titoli degli album lasciati, prima della riunione avvenuta nel 2008 e che ha generato nel 2012 un prodotto dal titolo emblematico “Out Of The Coma”.

Il gruppo risulta tuttora in attività ma non si conoscono per il momento date di concerti o nuove realizzazioni discografiche.

 

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