ARTICOLO DI EMILIO AURILIA
Il polistrumentista inglese Roy Wood deve aver mal sopportato la fine dei suoi Move, il gruppo beat-rock in attività dalla seconda metà degli anni sessanta in cui militava, responsabile anche a livello compositivo. Reclutati in breve tempo altri due membri della disciolta band: Jeff Lynne (chitarrista e polistrumentista) e Bev Bevan (batterista), ha dato vita ad una proposta assolutamente innovativa nel panorama rock dei primi anni settanta e che è stata sempre un suo pallino: riprendere anche dal vivo le atmosfere che avevano ispirato i Beatles del periodo più psichedelico “Sgt. Pepper” e “Magical Mistery Tour“, per cui alla sua eccellente versatilità che lo conduceva a suonare praticamente tutti gli strumenti anche i più rari e inusitati nel pop, ha inteso affiancare uno o più musicisti dediti a strumenti classici come violino e violoncello. Da questo curioso ensamble, enfaticamente denominato Electric Light Orchestra, nasce il primo disco omonimo che resta forse l’episodio più originale, pieno di rimandi ai Fab Four: “Mr. Radio” e “Look At Me Now“, quest’ultima una “Eleanor Rigby” in tono minore, che nella mente di Wood deve aver interamente saturato il messaggio da trasmettere, tanto da lasciare la sua neonata creatura nelle mani di Lynne che ne farà uno dei gruppi di maggior interesse da attraversare anche la decade successiva, avvicinandolo ad una dimensione electro pop mediato con i succitati elementi classicheggianti, con risultati di grande successo commerciale, ma d’impatto spesso imbarazzante quando non stridente (valga fra tutte la versione del classico rock and roll di Chuck Berry “Roll Over Beethoven“).
Dal canto suo Wood alternerà la sua attività solista (peraltro non molto prolifica) alla irrequieta costituzione di nuove bands (“Wizzard” e “Wizzo“) che comunque, sia pur concedendo più spazio a tematiche decisamente rock and roll, non rinunceranno a sections di archi e fiati, distanziandosi di poco dal sound iniziale della ELO, ma con minor originalità.