A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage
Negli ultimi dieci anni abbiamo sicuramente imparato ad apprezzare la splendida voce di Florence Welch e il progetto Florence And The Machine. Una serie di singoli stupefacenti come You’ve Got The Love, Shake It Out o Spectrum e di riconoscimenti vari fino al disco della consacrazione definitiva, How Big, How Blue, How Beautiful. Pubblicato nel 2015, il lavoro viene fin da subito considerato tra i migliori dell’anno e non solo. La forza dell’album, oltre che dalla qualità generale, è data probabilmente dall’intenso carico emotivo della giovane cantante londinese, capace di portare nelle canzoni tutta la sua essenza, tutta la sua personalità. La storia tra l’altro racconta di una donna in crisi e con parecchie cose da sistemare. Ma andiamo con ordine…
Dopo il successo del precedente e appagante Ceremonials del 2011, Florence sente realmente il bisogno di una pausa, la necessità di staccare per quanto possibile la spina. Lo stress, i demoni personali e i turbinii esistenziali stanno rendendo tutto complicato. La Island Records, sì, proprio la stessa etichetta di Bob Marley, non ha intenzione di mettere premura alla nuova perla del pop rock internazionale, che ha quindi modo di ricomporre le idee e di recuperare importanti energie psicofisiche.
Come spesso accade però, dalle difficoltà interiori è possibile estrarre, estrapolare il meglio.
Il materiale di How Big, How Blue, How Beautiful prende forma in questo momento e il risultato è eccellente. Le strabilianti doti da mezzosprano e l’innato carisma di Florence riempiono una produzione di livello, che vede all’opera anche la tastierista e co-fondatrice del progetto Isabella Summers, il chitarrista Robert Ackroyd, il percussionista Christopher Lloyd Hayden e molti altri musicisti.
Nulla da dire, il disco è bello, molto bello, e la Welch è ormai un’artista completa, che riesce con disinvoltura a far viaggiare contemporaneamente tecnica vocale, melodia e lirismo signigicativo.
In maniera quasi paradossale i tormenti della frontwoman classe ‘86 vengono portati in musica con energia, in maniera poderosa e talvolta epica. In sostanza si sta male, ma piangersi addosso è inutile, è inopportuno. Meglio, molto meglio guardare in faccia la propria frustrazione e cantare ogni cosa con grinta e con passione, senza fuggire e senza necessariamente sentirsi vittima. Il messaggio di Florence, ricco di sfumature letterarie e armoniche, sembra trovare spazio tra concetti di questo colore. Bello ricordare a questo punto le cover dei Green Day del primissimo periodo, canzoni che la cantante amava riproporre. Cercate su Youtube e vi divertirete…
C’è intensità nell’offerta, c’è tensione. Ci sono elementi riconducibili all’art rock o all’english baroque, ma tutto sembra essere nato per conquistare pubblico, tanto pubblico, grazie a una spietata vivacità pop.
Nel testo del singolone Ship to Wreck troviamo squali bianchi nel letto, metaforici incubi pronti a rendere impossibile il sonno, pronti ad azzannare lo spirito. E troviamo una nave destinata a una consapevole distruzione. L’amore impossibile per quanto grande è invece al centro di What Kind of Man. Tematiche devastanti, come detto, ma espresse nella giusta maniera. Uno stile personalissimo, a mio avviso.
Nel 2016, How Big, How Blue, How Beautiful viene affiancato per giunta dal corto The Odyssey, produzione che raccoglie tutti i videoclip del gruppo e che, soprattutto, cerca di illustrare visivamente e in qualche modo il percorso intimo e irrequieto della cantante.
Quello dei Florence And The Machine è un progetto più che importante, assolutamente. Voce fuori dal comune, scrittura efficace e strutture artistiche di rilievo. Cinque album in studio (nell’articolo ho trattato il terzo), due live e diversi altri progetti sia per la Welch che per la Summers, due ragazze che iniziarono l’avventura musicale praticamente per gioco e con due strambi nomignoli ad accompagnarle: Florence Robot e Isa Machine.
E la strada e ancora lunga…