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I MEN IN THE BOX RIPARTONO! Intervista al frontman della band

 

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

 

Avevamo incontrato e intervistato Vito diverso tempo fa. Un disco, diverse belle canzoni e tanta voglia di fare. Che dire, una band interessantissima. Poi un brusco stop. Questo cazzo di Covid, certo, ma anche qualche problemino tecnico. Ma il frontman dei Men In The Box, realtà riconducibile al grunge e all’alternative rock, ora si è rimboccato le maniche e ha tanta voglia di ripartire, forse di ricominciare. Il discorso era e rimane davvero figo, giusto allora rispolverare emozioni e pensieri. A lui la parola, ha il dovere oltre che il diritto di spiegarci la situazione. Noi, da buoni amici ci siamo. E mi raccomando, recuperate la prima intervista e i primi progetti discografici della band. Come Vito promette, ne sentiremo delle belle. Rock and Roll!!!

 

Rieccoci qui. Ci siamo sentiti circa un anno e mezzo fa per illustrare ai lettori il progetto Men In The Box. Bene, partiamo proprio da lì: cosa avete fatto da allora? C’è stato un rallentamento o sbaglio?

 

Salve lettori di Megliodiniente! Eh sì, sembrano passati due giorni… Beh , da allora sono successe tante cose: problemi personali, cambi di strade e il Covid ci hanno forzato a mettere il freno a mano per un po’. Fortunatamente nell’ultimo anno ci siamo risvegliati dal nostro letargo e ci siamo chiusi in studio. Presto verranno annunciati i risultati e i programmi futuri: siamo tornati più forti di prima.

 

In ogni caso abbiamo il nuovo videoclip di The One In Many. Pubblicato il 10 dicembre, sta già raccogliendo consensi…

 

Esattamente! Stranamente non pensavo avesse riscosso tale apprezzamento, soprattutto dopo i quasi due anni di fermo. Per fortuna qualcuno ci aspettava ancora e siamo tornati come un sequel alla M.Night Shyamalan.

 

Come lo avete prodotto e con chi avete collaborato?

 

Il pezzo fa ancora parte del primo disco, quindi fa ancora parte di quella produzione giovanile del 2016 che prese forma nello studio Goldmine records. Alla regia ovviamente troviamo ancora il nostro cameraman di fiducia Andra Sorrentino.

 

Il mare è protagonista assoluto del videoclip. Certo, c’è anche altro, ma mi soffermerei proprio su questo. Grande senso di libertà e immagini perfette per accompagnare la vostra musica, il vostro sound evocativo e al contempo diretto. Cosa mi dite a riguardo?

 

Il mare nel video è simbolo di nascita , di loop di onde, che porta via e che regala momenti necessari per andare avanti. Ho sempre avuto un legame particolare con il luogo magico e maledetto dove sono cresciuto e dove la mia anima confluisce nell’infinito del nulla. Il concetto di Men in the box è rimarcato proprio in questo luogo: certi angoli del mondo sembrano vuoti, ma basta chiudercisi dentro, come quando da bambini giocavamo a chiuderci in scatoloni ammassati per sentire quella calma puerile e apparente di cui sono assuefatto.

 

Entriamo nei dettagli, parlando proprio del brano. Cosa racconta questa canzone? E perchè è così importante per voi?

 

La canzone parla di dubbi e incertezze sul significato del legarsi a una persona. Al tempo ero nel pieno dell’occhio del ciclone di un tornado chiamato …. uhm… Anna o Kathrina, qualcosa del genere. Ricordo stessi guardando un episodio di Scrubs quando rividi negli occhi del protagonista le mie stesse turbe: a volte certe scelte spaventano, e mille pressioni mi caddero addosso come un muro di mattoni. Era la prima volta che sentivo emozioni discordanti sulle mie scelte, sul mio comporre musica e sulle mie relazioni, la canzone arrivò un po’ come una proiezione astrale del mio futuro. Del resto ho sempre trattato le mie canzoni come monologhi interiori: può sembrare banale, ma quella canzone fu il soundtrack dell’anno più bello della mia vita e il nostro cavallo di battaglia per tutti i festival che ne seguirono. Curiosità da menzionare, è inoltre presente una chiara citazione alla canzone che in Scrubs fa da sottofondo alla scena da cui tutto il pezzo è nato: Easier To Lie degli Aqualung.

 

Come ricordato, The One In Many è contenuta nel vostro disco Hearts, And Other Plastic Parts, che tanto abbiamo apprezzato, ma che ancora non è arrivato al pubblico. Come prosegue il viaggio di questa interessantissima opera?

 

Più che proseguire, direi come inizia. Credo che siamo stati terribili genitori con il nostro primo ”figlio”. Per paura delle responsabilità e di avere pochi consensi abbiamo preferito uscire dalla porta per comprare le sigarette e non tornare per un po’. Le distanze tra di noi poi non hanno aiutato e ora dopo anni ci ritroviamo con questo album di foto sonoro di ricordi impolverati e vogliamo semplicemente raccontare tali storie per passare poi alle prossime. Come cita sempre un mio amico: «Certe fiamme non puoi spegnerle.»

 

State concentrando tutte le vostre energie per la promozione del disco o state già scrivendo cose nuove?

 

Attualmente tramite un fuoco incrociato di più studi di produzione (Ribbon Lab, Hexagonlab Studios, Nicola Stifano Sound e i Paranoia studios ) stiamo avanzando due progetti paralleli. Nei prossimi mesi infatti verrà caricato a episodi il nostro album di cover prodotte in quarantena e per la fine dell’anno il nostro nuovo album di cui ancora non facciamo menzione per motivi di scaramanzia.

 

In occasione della prima vostra intervista per MDN, saltò fuori anche un altro aspetto importante, quello relativo alla grande quantità di musica ascoltata dai membri della band. Avete scoperto qualcosa di interessante qua e là? Magari qualcosa di nuovo capace di conquistarvi…

 

Attualmente stiamo rimodernando un po’ il nostro sound. Le basi fondamentalmente rimangono le stesse, ma con un sfumature decisamente più attuali. Il nuovo album sarà molto modulare e cupo. Troverete citazioni stilistiche a gruppi come Tool e Radiohead, ma con dissonanze più violente alla Abasi o alla Royal Blood. Non mancheranno le ballate alla Pearl Jam , ma la parola dissonanza sarà protagonista del nuovo album. Stavolta abbiamo abbandonato ogni canone conduttore dando più importanza alla libertà evocativa.

 

Covid! Non se ne esce proprio… Quanto sta condizionando la musica, questa maledetta pandemia? Non parlo solo della vostra, ma in generale. Qualche segnale di ripresa e nulla più, oserei dire…

 

La musica è attualmente il settore più colpito . La musica live sembra quasi essere un’utopia. Allo stesso tempo, il silenzio generato a causa di tale stop ha portato tanto tempo per parlare con i nostri fantasmi interiori e di conseguenza  molto lavoro in studio e nella fase di scrittura. Aspettiamo solo il momento in cui si tornerà a veder le stelle e a rivivere la musica come abbiamo imparato a viverla e ad amarla.

 

Molti lettori ancora non conoscono i Men In The Box. Che facciamo? Spieghiamo ancora chi siete. In ogni caso, invitiamo tutti a recuperare la precendente intervista.

 

I Men In The Box non sono artisti, non sono musicisti, ma sono amici con un grande sogno sulle spalle. Etichettarci come band grunge o alternative o rock non ha più molto senso. Direi che siamo persone piene di storie da veicolare in sei corde o in qualche groove di batteria. Attualmente qualche nuovo componente si è inoltre aggiunto alla line up, quindi avremo storie decisamente più fuzzy e dissonanti . Potrete scoprire il nostro passato ascoltando il nostro primo album, per quanto riguarda il nostro futuro e il nostro genere, aspettate e ditecelo voi.

 

Ricordiamo i progetti futuri, allora?

 

Ovviamente il nuovo album sarà il protagonista del 2022, contornato dall’album di cover precedentemente citato che verrà caricato in differenti tranches mensili. Ci sarebbe anche altro, ma… bisognerà aspettare. Sarà un annuncio essenziale per il nostro futuro, quindi andrà annunciato al momento giusto. Spoilers? 16/06/22

 

Fatevi una domanda e datemi una risposta…

 

A che ora si mangia?

Appena è pronto. 2 anni! altrimenti è crudo.

 

https://www.megliodiniente.com/9654-2/

 

https://www.facebook.com/menintheboxofficial/

 

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