MDN

MAI SMETTERE DI SOGNARE La ballad di Steven Tyler

 

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

 

Sul lago Sunapee, New Hampshire, nel soggiorno della baita dei genitori, un giovane non ancora maggiorenne sta suonando lo Steinway di famiglia. Senza particolari pretese, prova a comporre qualcosa. L’idea è quella di parlare dei suoi sogni e dell’assoluto bisogno di trasformare quanto prima ogni desiderio in realtà. Tutto nasce sulle note di quel pianoforte verticale.

D’altra parte, l’ambizioso Steven Victor Tallarico, questo il nome del ragazzo, ha ereditato la passione per la musica dal nonno Giovanni, mandolinista calabrese di Cotronei emigrato negli States in cerca di fortuna, e da papà Victor, fondatore e pianista della Vic Tallarico Orchestra, oltre che figura fondamentale per la crescita musicale del ragazzo. Steven tira fuori un motivetto piuttosto orecchiabile, non propriamente una canzone vera, ma si sa, la magia germoglia in maniera naturale e senza alcun preavviso.

A ogni modo, la melodia resta lì, in sospeso. Non è ancora il momento. Magari il momento non arriverà mai e, con il passare del tempo, quella bozza non sarà altro che un vecchio giocattolo in soffitta.

Giocattolo in soffitta…

Questa ci stava, vero?

Un salto in avanti, ora.

 

Every time that I look in the mirror,
all these lines on my face getting clearer.
The past is gone.
Oh, it went by like dusk to dawn.
Isn’t that the way?

 

Il giovane, per tutti ormai Steven Tyler, è cresciuto. Per fortuna ha già mosso buoni passi nel mondo della musica: qualche improvvista sul palco con l’amico Ray Tabano, che ritroverà in seguito, l’esperienza come batterista nella band del padre, le esibizioni con i Maniacs Up In Sunapee o con i Dantes e il primo ingaggio con i The Strangers. D’altronde a scuola, a New York, come tutti i ragazzi irrequieti, ne ha combinate di ogni e di studiare non è ha proprio voglia. E poi, quei bastardi dei compagni lo deridono per via delle labbra grosse e gli insegnanti, ancora più bastardi, non lo possono proprio vedere. Il buon Steven vuole solo diventare una rock star, vuole il successo e vuole cantare. Proprio così perché nonostante sappia suonare piuttosto bene diversi strumenti, la voce, anche a detta di molti, rappresenta il suo reale punto di forza, l’arma più potente per ottenere risultati.

La svolta avviene nell’estate del 1969, in occasione delle solite vacanze a Sunapee. All’Anchorage, un locale che Steven frequenta, lavora il talentuoso chitarrista Joe Perry, di un paio d’anni più giovane. Il tipo è figo, altroché, e invita subito Steven ad assistere al concerto della sua band. Il cantante rimane stregato dallo stile di Joe, quella è la chitarra giusta per il gruppo che ha in mente di formare. Si farà, pensa allora, rientrando a New York. Quando? Beh, è solo questione di tempo, perché dopo le ultime brevi esperienze del 1968 con i The Chain e con i Fox Chase o del 1970 con i newyorkesi William Proud, Steven decide di tornare da Perry, il suo futuro gemello tossico, il socio di centinaia di traversie rock and roll.

E a questo punto è giusto l’intermezzo…

 

Half my life’s in books’ written pages.
Storing facts learned from fools and from sages.
You view the earth .

 

A Sunapee Joe Perry e un altro personaggio, il bassista Tom Hamilton, hanno intenzione di partire insieme per Boston per giocarsi il tutto per tutto in onore del buon rock and roll. Steven Tyler è entusiasta e, dopo aver suonato e inciso una cassetta demo con i due, non può fare altro che aggiungersi a loro.

E che Boston sia…

Il cantante coinvolge nel nuovo progetto due vecchi amici della Roosevelt High-School, il già citato chitarrista ritmico Ray Tabano e il batterista Joey Kramer.

Formazione al completo e primo concerto a Mendon, in Massachusetts. Ebbene sì, siamo a un passo dall’inizio della leggenda, la leggenda degli Aerosmith, una delle più influenti hard rock band di sempre.

Scoperti nel 1972 da Clive Davis della Columbia Records in occasione di un’esibizione allo storico Max’s Kansas City di New York, i ragazzacci di Boston entrano per la prima volta in studio per realizzare l’omonimo album di esordio. Steven Tyler ha infatti scritto qualche pezzo, Joey Kramer ha dato un nome alla band e Ray Tabano è stato sostituito da Brad Withford. Insomma, tutto pronto per le registrazioni…

Tra le otto canzoni del pacchetto, oltre alla cover del bluesman Rufus Thomas Walkin’ the Dog o ai singoli Mama Kin e Make It, anche qualcosa di più datato. Esatto, proprio quella!

Chiudiamo il cerchio e torniamo allo Steinway nel soggiorno, alla melodia senza troppe pretese del diciassettenne Steven, che da papà Victor, quando era bambino, aveva imparato tantissimo.

La composizione diventa Dream On, uno dei brani simbolo degli Aerosmith, ballata struggente e sicuramente tra le più esagerate che possiamo ascoltare. I sogni adolescenziali del classe ‘48 sono diventati realtà. Ora è un cantante vero, ha una band vera e un disco vero. Per la gloria eterna bisogna però ancora aspettare…

 

Oh, sing with me, this mournful dub.

Sing with me, sing for a year.

Sing for the laughter and sing for the tear.

Sing with me, if it’s just for today,

maybe tomorrow, the good Lord will take you away

 

Aerosmith viene pubblicato nel 1973, ma non ottiene particolari risultati. La Columbia Records sta concentrando gran parte delle proprie energie per promuovere al meglio un altro disco d’esordio, Greetings from Asbury Park, N.J. del signor Bruce Springsteen, e non sembra sbattersi più di tanto per la nuova rock band americana.

Gli ascoltatori della WBZ-FM di Boston, praticamente l’unica radio che punta davvero sugli Aerosmith, ritengono comunque Dream On  la canzone più bella dell’anno, e non è poco. L’arrangiamento neanche a dirlo sognante che la formazione concepisce, lo splendido lavoro alla chitarra di Joe e il mellotron fine di Steven sono solo alcuni degli elementi che rendono il brano incredibile. E se consideriamo l’ancora giovane voce del nostro amato Tallarico, non ancora ai livelli che tutti conosciamo (in fondo è il primo disco), ditemelo voi, di che cosa stiamo parlando?

Tante bellissime cose dentro questa meraviglia, ma non è ancora il momento giusto.

E quando arriva questo dannato momento? Servono ancora un paio d’anni abbondanti. La celebre power ballad, infatti, esplode definitavemnte nel 1976, quando la Columbia decide di ripubblicarla come singolo (alle radio furono inviate le due versioni, quella dell’album e quella più breve ed editata).

Boom! E questa volta ci siamo: sesto posto nella classifica Billboard ad aprile. Per non parlare dei successivi riconoscimenti: tra le duecento migliori canzoni di sempre per Rolling Stone, Grammy Hall Of Fame nel 2018 o miglior rock ballad della storia per Yahoo! Music.

Classifiche e premi a parte, Dream On del 1973, firmata Steven Tyler è e rimarrà per sempre un capolavoro immortale. Una delizia. E poi, ragazzi, parliamo di una band leggendaria. Quanto amiamo gli Aerosmith? Diciamocelo…

 

 

Leave a Reply

Area Riservata