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MALEDETTO SPORT

 

Di Ignazio Mongelli

Spesso la passione per uno sport porta i tifosi a perdere la razionalità, soprattutto quando si tratta della propria squadra del cuore. Ci si affida ad ogni gesto e oggetto scaramantico pur di aiutare i propri beniamini ad ottenere il risultato sperato. Ma se le cose non vanno nel modo sperato per un po’ di tempo, per lo stesso principio di irrazionalità dei tifosi, è abbastanza frequente iniziare ad insinuare che la propria squadra sia soggetta ad una ‘maledizione’.
Nel calcio italiano moderno ad esempio è nota la ‘maledizione delle finali’ che ha colpito la Juventus, nelle ultime 5 finali di Champions League, infatti, non è mai riuscita a portare a Torino la coppa dalle grandi orecchie. Oppure la recentissima ‘maledizione del 9’ di cui è vittima il Milan che, dal ritiro di Filippo Inzaghi nel 2012 ad oggi, ha visto indossare la celebre maglia del bomber ad una serie di calciatori che non si sono poi dimostrati all’altezza; da Luiz Adriano a Gianluca Lapadula per finire con Krzysztof Piatek, che tanto aveva impressionato invece con il numero 19 sulla schiena.
Alcune di queste maledizioni però con il tempo assumono le sembianze di vere e proprie leggende e finiscono per diventare delle perle della narrazione sportiva.
La più celebre è sicuramente quella lanciata da Bela Guttmann, un ebreo di nazionalità ungherese che negli anni ’30 ha viaggiato per il mondo scappando dagli orrori delle politiche antisemite che dilagavano in Europa in quel periodo storico, inseguendo il suo sogno di diventare un calciatore. Dopo aver appeso le scarpette al chiodo Bela Guttmann decise di intraprendere la carriera da allenatore, e questa scelta si rivelò decisiva per la sua vita. Siederà su panchine prestigiose come quella dell’Honvéd, la leggendaria squadra magiara dove giocava Ferenc Puskas, oppure quella del Milan, da cui venne esonerato nel 1955 da primo in classifica per dissidi con la dirigenza. Ma la sua definitiva consacrazione arriverà in Portogallo, sulla panchina del Benfica, dove guiderà la squadra, impreziosita del talento sconfinato di Eusebio, alla vittoria di 2 Coppe di Campioni consecutive, quelle del 1960-61 e del 1961-62.
Al termine di quella stagione però la dirigenza lusitana, forte di una rosa che sembrava imbattibile, decise di esonerare il tecnico che aveva chiesto un meritato aumento di stipendio. Bela Guttmann, infuriato, lanciò allora la sua sentenza: “ Mai più una squadra portoghese riuscirà a vincere 2 Coppe dei Campioni consecutive e, soprattutto, il Benfica non vincerà mai più una coppa internazionale”. La maledizione in un primo momento sembrò cadere nel vuoto. La stagione successiva infatti il Benfica tornò in finale di coppa per il terzo anno consecutivo ma questa volta perse, 2-1 contro il Milan, con doppietta di Altafini.
Dopo quella sconfitta il Benfica tornò in finale ancora una volta, nella stagione 1989-90. Prima della partita Eusebio e gli altri componenti della squadra storica si recarono al cimitero di Vienna, dove riposava Bela Guttmann, ed adornarono la sua tomba con i fiori più belli sperando di spezzare la maledizione. Anche quella volta però il Benfica perse, 1-0 ancora contro il Milan. Nel corso degli anni la squadra portoghese ha giocato altre 2 finali di Europa League, entrambe perse, e ad oggi, 2020, non è ancora riuscita a interrompere la maledizione.
Ben più macabra ed assurda invece è la maledizione che ha colpito il Racing de Avellaneda, squadra argentina della provincia di Buenos Aires. Considerata una delle ‘cinque sorelle’ del calcio argentino (insieme a Boca Juniors, River Plate, San Lorenzo e Independiente) negli anni ’60 era probabilmente la squadra più forte del mondo. Nel 1967, infatti, vinse la Copa Libertadores e, il 4 novembre dello stesso anno, battè nella finale spareggio della Coppa Intercontinentale il Celtic Glasgow, vincitore l’anno prima della Coppa dei Campioni ai danni dell’Inter di Herrera, laureandosi campione del mondo.
Ma mentre i tifosi del Racing ascoltavano via radio le notizie in arrivo da Montevideo, luogo della finale, un gruppo di tifosi della squadra rivale dell’Independiente entrarono di nascosto nello stadio del Racing, noto come El Cilindro de Avellaneda, e vi seppellirono ben 7 carcasse di gatti neri.
Da quel giorno il Racing entrò in una spirale nera di risultati e problemi finanziari culminati addirittura con la retrocessione in seconda divisione, mentre l’Independente da allora ha conquistato ben 7 Coppe Libertadores e 2 Coppe Intercontinentali.
La maledizione del Racing è durata 47 anni, fino al 2014, quando, forte del ritorno del Principe Milito dalla sua esperienza all’Inter, è riuscito finalmente a vincere nuovamente il campionato argentino.

 

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