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MICHAEL McGEAR

E chi è costui? Si domanderà la maggioranza dei lettori e non soltanto i più giovani, ma anche probabilmente buona parte di chi ha amato e seguìto il rock a cavallo degli anni sessanta/settanta, quello più fulgido; il migliore.
Ebbene dietro tale pseudonimo si cela niente di meno che Michael Peter McCartney. Sì, avete letto bene: McCartney, fratello del mitico stellare Paul!
L’approccio con la musica il minore dei McCartney (fotografia la sua principale occupazione) l’ha avuto verso la fine degli anni sessanta con la formazione di un gruppo strampalato di, potremmo dire, cabaret rock: The Scaffold, riscuotendo un certo successo con la scanzonata “Lily The Pink”, tipica cellar tune, con la strabiliante partecipazione di Jack Bruce al basso, Graham Nash ed Elton John ai cori.
Da noi i leggendari Gufi l’hanno proposta nella nostra lingua col titolo “La sbornia” (“Trinca, trinca, trinca buttalo giù con una spinta”).
Terminata l’avventura con gli Scaffold, McGear ha realizzato un primo disco pressoché sconosciuto con il collaboratore e amico Roger McGough, su cui pare abbia suonato addirittura Jimi Hendrix!
Il suo primo album solista: “Woman” (1972) è composto di canzoni alternatamente pop e rock, valendosi di musicisti di altissimo livello come Brian Auger, Zoot Money, Gerry Conway, e, sottinteso Paul, denominatosi Friend; mentre il secondo “McGear” (1974) vede la più diretta partecipazione del fratellone a livello strumentale e compositivo: “The Man who found God on the moon”, dall’incedere di ballad pianistica, potrebbe figurare su uno degli ultimi album dei Beatles, o su uno dei primi del bassista.
I due episodi sono stati rieditati e, pur non essendo fondamentali per la storia del rock, l’ascolto è una piacevole sorpresa. Segnaliamo sempre sul secondo album, l’intensa “Sea breezes”, composta da Brian Ferry, nonché la partecipazione dei Wings al completo.
Molti di quelli che conoscono i prodotti si sono chiesti chi fosse la crocerossina immortalata in primo piano sulla copertina di “Woman”: è sua mamma Mary in servizio prima della sua morte prematura; la “Mother Mary” del brano “Let It Be”, secondo alcuni critici.

 

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