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Napodano – Sarà la libertà l’Album- Maledetti anni 80 l’ultimo singolo.

 

Ho ascoltato: Sarà la Libertà
Cantante: Napodano

Recensione di Carlo Amedeo Coletta

Cari professoroni, cari esperti del settore, cari studenti del conservatorio e cari animali da palcoscenico, mi presento:
Sono il consumatore finale. Già, proprio io. Non ve lo aspettavate, vero? Credevate fossi uno sprovveduto, senza né arte né parte, sballottato qua e là da uno spot, una pubblicità, una prova gratuita. In buona parte avete ragione, devo ammetterlo. Le apparenze ingannano, però! Sappiate che sono uno spendaccione e con tutto ciò che ho speso in libri e musica mi sarei potuto comprare due case! Certo, dalle mie parti costano poco, è vero, ma era solo per darvi un’idea di chi avete davanti! E per chi non lo sapesse, il consumatore finale è colui, o colei, che acquista infine il prodotto più o meno reclamizzato, più o meno sponsorizzato di qua e di là. In sintesi, son quello che fa girare la baracca, t’è capì?
Se stai leggendo questa recensione, anche tu sei il consumatore finale. Non guardarti intorno, ce l’ho proprio con te. E allora ti faccio una confidenza. Libero di crederci. Tra consumatori finali, però, dovrebbe esserci una sorta di patto non scritto: dammi retta, ti puoi fidare anche se non ho grandi nozioni di genere, note e armonie. Mastico poco i capitoli settoriali come gli arrangiamenti, per non parlare degli accordi struggenti. E nonostante sia, come te, il consumatore finale, bè, non mi si fila nessuno perché si dovrebbe acquistare ciò che ci dicono sia bello, non ciò che piace a noi. Bene, caro collega consumatore, scollegati un attimo dal resto del mondo e inizia ad ascoltare qualche brano di questo album con cui Napodano si è iscritto alla Siae pagando la quota annuale, nella speranza di rientrare almeno delle spese sostenute. Sono certo che noterai la differenza tra ciò che ti viene quotidianamente proposto e ciò che è effettivamente di tuo gusto. Tra l’altro, non ci crederai ma ne ho le prove. Già già già! Quando sei in ufficio in mezzo a tante persone e ascolti qualcosa di nuovo, mai sentito da chi ti circonda, solitamente ti senti chiedere:
– Belin, ma cos’è sta roba? Ma metti un po’ … – e qui ti puoi sbizzarrire con gli artisti più famosi del momento. Naturalmente “belin” lo dicono dalle mie parti ma non è così importante.
Se, come accaduto oggi, i colleghi iniziano a chiederti chi sia quel cantante o dove tu lo abbia pescato, bè, allora forse il talent scout che c’è in te ha imbroccato il cavallo giusto. Se poi si avvicinano con il telefono e shazzammano il pezzo, sei il nuovo DJ dell’ufficio. Oggi era il mio giorno.
Le canzoni di Napodano, però, vanno ascoltate bene. Gli arrangiamenti (e qui vado di finto professionista) talvolta rubano la scena alle due essenze principali delle canzoni: in primis la sua voce, rassicurante ed entusiasmante come quella di un cantastorie, maestro della scena, facile a rapire l’attenzione dei viandanti radunandoli tutti intorno a sè. C’è un’anima da artista di strada nel suo modo di attaccare le parole e interpretare il pezzo, qualcosa che o ce l’hai oppure è inutile che ci provi. In secundis, c’è la maniera in cui sa evocare e descrivere un susseguirsi di situazioni e luoghi comuni, riuscendone però a stravolgere il punto di vista dal quale siamo abituati a vedere le cose. Il risultato è stupefacente e, in alcuni casi, illuminante.
Tanto per portare un esempio, una delle canzoni migliori dell’album è senza dubbio Lucciole, anche se non è la mia preferita. Vi avverto, dovete ascoltarla almeno un paio di volte e poi vorrete continuare per almeno un’altra decina. In Lucciole, vi dicevo, l’artista ci porta a pensare come le luci della ribalta siano, al giorno d’oggi, come i canti delle sirene che portarono alla rovina tanti viaggiatori. Non usa mai queste parole ma il senso è chiaro. Chiaro come il fatto che nell’inseguire una luce così forte come può essere la fama, dimentichiamo che intorno e dietro alla luce stessa è molto più buio del posto da cui partiamo. Non sappiamo cosa ci sia dietro ma sappiamo chi lasciamo qui. Noi vediamo e rincorriamo solo la luce, neanche fossimo falene a Ferragosto. Lui lo canta molto meglio di quanto ve lo dica io, ve lo assicuro.
Storia di un ratto, altro singolo estratto dall’album, è invece un’adorabile ballata, resa meno ritmata di quanto potrebbe da una musica più lenta del dovuto. Ovviamente secondo me. E chi potrebbe mai essere felice di essere nato ratto? Bè, provate a chiederlo agli agnelli nel periodo di pasqua, se volete. C’è sempre del buono in ognuno di noi, è solo una questione di punto di osservazione. Se smettessimo di vedere la vita per come ci insegnano che debba essere, sarebbe più semplice sorridere.
Comunque, caro consumatore finale, sappi che la mia preferita è Maledetti anni ’80 l’ultimo singolo. Per capirlo, però, devi avere anche tu qualche baffo bianco. Ti direi qualche capello, ma io non li ho per cui potrei sbagliare. Napodano, che spesso mantiene una mano attaccata al passato, ci ricorda che prima di adesso ci sono stati anche gli anni ’80. La vita scorreva sui nastri delle musicassette, non dentro chiavine usb. E si giocava con l’Amiga. Solo questo vale un dieci come voto alla canzone. C’è molto di più, però. Perché potrebbe essere stata questa maniera di vivere gli anni ’80 ad aver fatto da cornice durante l’attesa della persona amata, arrivata magari ben più tardi. Un’attesa all’epoca, naturalmente, ignota e adesso, improvvisamente chiara.
Perché mi sono fermato? Vuoi davvero che continui? Sarebbe il caso che anche tu ti ricordassi di essere un consumatore finale con i fiocchi e procedessi nel dar modo a Napodano di rientrare nelle spese Siae anziché star qui ad ascoltare me. Il mio era solo un consiglio, mica una lezione universitaria.
Comunque, mi rimetto le cuffie e aspetto il sonno accompagnato da queste note che mi appaiono sempre più familiari man mano che le ascolto. Provate anche voi, ve lo consiglio

A presto e… Buon ascolto!

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