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Nobody is perfect!

 

Articolo di Adriana La Trecchia Scola

 

 

 

 

Nessuno è perfetto rappresenta la battuta comica più famosa mai pronunciata sul grande schermo, in cui è possibile rintracciare la genialità di Billy Wilder (un regista che ha saputo rinnovare le convenzioni della Hollywood classica, cimentandosi con una varietà di generi infondendovi ogni volta un senso di modernità e trasgressione assolutamente in anticipo su i tempi). L’irresistibile scambio di battute (“Ma non capisci proprio niente Osgood!Sono in uomo!” “Bè, nessuno è perfetto!”) avviene in A qualcuno piace caldo (1959), la commedia brillante con Jack Lemmon, Tony Curtis e Marylin Monroe, votata come il film più divertente di tutti i tempi nella classifica dell’American Film Institute. Ora al mondo non esiste un individuo senza difetti, per cui il proverbio viene utilizzato per ribadire che avere dei difetti o sbagliare non è una cosa così grave. Purtroppo nell’odierno mondo capitalista la tendenza al perfezionismo non è rara, in quanto lo stesso capitalismo dice come bisogna sentirsi, cosa bisogna desiderare e che aspetto avere. Fin quando si è performanti e si muovono soldi va bene, altrimenti si viene dimenticati e messi da parte. Da qui l’angoscia di dover essere sempre, se non perfetti, almeno al passo. Nel probabile successo del film Barbie, la sindrome di cui la bambola soffre non è finzione ma è più comune di quanto si pensi. In psicologia è nota come atelofobia, ossia l’insoddisfazione di non sentirsi abbastanza perfetti e può annientare una persona. Nel film di Greta Gerwig con Margot Robbie e Ryan Gosling, una bambola (la Barbie Stereotipo) che vive in Barbieland viene espulsa nel mondo reale per non essere “abbastanza perfetta”. In realtà sulla famosa bambola Mattel ci sono opinioni discordanti: da una parte la si accusa di incoraggiare il consumismo e il materialismo, dall’altra nello slogan “puoi essere quello che vuoi essere”, con cui questa figura è diventata popolare nei primi anni sessanta, si vede un appello all’empowerment femminile. Il film Barbie è incentrato sull’insoddisfazione generata dal fatto di non sentirsi abbastanza perfetti. Si tratta di un disturbo o una sindrome che, se portata all’estremo, può portare a forme di auto-sabotaggio e generare sentimenti di inadeguatezza. Una  specie di sindrome dell’impostore (il fallimento come profezia che si autoavvera) ma con sfumature diverse. L’ atelofobia è una fobia caratterizzata da una paura intensa e sproporzionata dell’imperfezione. Chi ne è affetto prova forte ansia e angoscia per cose o situazioni imperfette. Può essere un tratto associato alla personalità perfezionista portata all’estremo oppure un effetto di esperienze traumatiche legate all’imperfezione, per cui il soggetto non commette errori per non soffrirne di nuovo oppure la conseguenza di una educazione troppo rigida o di aspettative eccessive, da cui la convinzione di dover essere perfetti per evitare delusioni o giudizi. Ovviamente rileva anche una mancanza di fiducia in se stessi, che può comportare una forma di rifiuto della propria persona e quindi il tentativo di cercare la versione perfetta di sè, per non accettare le proprie lacune e debolezze. Secondo gli esperti bisogna fermarsi ad ascoltare le proprie emozioni e cercarne l’origine, altrimenti si avranno sentimenti di frustrazione e bassa autostima per la convinzione di non essere mai all’altezza. Tutto ciò può portare all’esaurimento fisico ed emotivo e all’ansia generalizzata, che se diventano cronici, possono sfociare in sintomi depressivi. Il rimedio consiste nell’avere consapevolezza delle proprie preoccupazioni in modo da evitare aspettative irrealistiche e assumere un atteggiamento più auto-indulgente. È sempre utile imparare dai propri errori e considerarli delle opportunità di crescita e apprendimento. Chi sperimenta una forte influenza negativa dell’immagine di perfezione assoluta deve capire l’origine del problema attraverso una maggiore conoscenza di sè, anche con il supporto di un professionista. La paura di non essere all’altezza delle sfida che la vita ci mette ogni giorno davanti deve essere compresa e affrontata con l’affermazione di pensieri positivi. Infatti alla base di quella paura c’è il mancato riconoscimento delle proprie capacità e un’immagine personale negativa che è stata consolidata nel tempo. Invece nessuno è perfetto, Barbie compresa. Dopo quattordici anni di trattative e ritardi si è arrivati al primo film live action su Barbie, dopo una serie di film d’animazione e serie televisive. Barbie è la prima bambola per bambini con le fattezze di una adulta. Nata nel 1959 dal genio creativo di Ruth Handler, moglie di Elliot Handler cofondatore della Mattel insieme ad Harold “Matt” Matson. La donna propose l’idea dopo aver osservato la figlia Barbara giocare con le bambole. Fu un grande successo che portò Barbie ad essere uno dei giocattoli più venduti in tutto il mondo. Da subito si è costruito intorno a lei un intero universo corredato, ma negli ultimi anni la sua figura ha portato avanti messaggi di body positivity e inclusività e parità di genere, introducendo modelli con disabilità e rappresentativi di professioni considerate nell’immaginario collettivo più “maschili”. Del resto questo approccio di cd. pinkwashing può risultare limitante e contraddittorio: essendo stato intrapreso dall’azienda solo perchè la Barbie Stereotipo (il modello per antonomasia) non vendeva più come una volta. Il film si discosta da questo approccio e risulta più onesto: la bambola non ha il compito di salvare il mondo reale ma può essere un contenitore vuoto che ognuno adatta alle sue esigenze. Comunque la Mattel ha sempre cercato di proteggere il suo personaggio. Basta considerare la diatriba con gli Aqua, autori del brano Barbie Girl, andata avanti per anni, sostenendo la violazione del marchio e la sessualizzazione della loro proprietà. Questo atteggiamento protezionistico spiegherebbe il motivo per cui ci sono voluti quasi quattordici anni per vedere al cinema il primo live action su Barbie, diretto da Greta Gerwig (una delle menti più brillanti nell’ Hollywood del XXI). Per realizzare Barbieland sembra che il film abbia esaurito la vernice di una particolare sfumatura rosa. Invece Google ha momentaneamente modificato il colore della sua schermata in occasione dell’uscita del film live action. Basta digitare Barbie oppure il nome degli attori protagonisti e della regista per imbattersi in fuochi d’artificio rosa shotking. Attualmente Hollywood è in fase di stallo per lo sciopero degli sceneggiatori prima e degli attori poi. Ciò significa che il tour previsto per la promozione dei film non si concretizzerà per i prossimi film in uscita (da questo punto di vista rischia la prossima Mostra del cinema di Venezia). Barbie ha avviato il suo press tour già da tempo, ma ha dovuto rinunciare a qualche première tardiva. In ogni caso la campagna promozionale per Barbie è stata vistosissima e con pochi precedenti; un’ulteriore conferma che si tratta di un fenomeno di massa, con un effetto immediato: la pink mania.

 

Raffaella Carrà è stata una delle donne più rivoluzionari della storia della televisione italiana, un’icona anche a livello internazionale. Soprattutto è stata una grande cantante, capace di sfornare hit a ripetizione e di modificare la storia del nostro pop e della musica da discoteca. Tra queste hit non si può dimenticare Rumore, uno dei suoi brani più amati in assoluto. Canzone datata 1974, ma ancor oggi modernissima, ha venduto oltre 10 milioni di copie, grazie anche alle sue versioni incise in inglese, spagnolo e francese. Un brano dalla storia importante e dalle firme molto prestigiose, come molti dei maggiori successi della sua carriera. Scritta da Andrea Lo Vecchio su musica di Guido Maria Ferilli, venne arrangiata da Shel Shapiro e divenne nel giro di pochissimo tempo uno dei migliori esempi di disco music all’italiana (prima dell’uso dei sintetizzatori). Al centro della canzone c’è la storia di una donna forte e indipendente ma improvvisamente consapevole delle sue fragilità. La protagonista infatti decide di lasciare il proprio partner e di restare sola. Quando si trova da sola in casa la sera, però, sentendo un rumore vorrebbe tornare indietro nel tempo. Un brano che si presta a mille interpretazioni. La non tranquillità della protagonista potrebbe sembrare in controtendenza rispetto alla sua iniziale forza. In realtà il testo fu scritto in anni di emancipazione e di lotta femminista, per cui secondo lo stesso Lo Vecchio non voleva andare contro le battaglie portate avanti da milioni di donne in tutto il mondo, bensì raccontare tutte quelle che si trovavano a metà del guado , desiderose di trovare la loro emancipazione ma anche spaventate dal vivere una vita al di fuori del ruolo assegnato dalla tradizione.

 

 

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