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PAESAGGI CROMATICI Intervista al musicista Marco Sinopoli

 

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

 

È un musicista di spessore, Marco Sinopoli, di altissimo livello. Studio, dedizione e chiaramente passione l’hanno reso un artista speciale, oltre che un compositore innovativo e tecnicamente preparatissimo. Basterebbe leggere il suo curriculum per rendersene conto, dare un’occhiata alla lista dei nomi che hanno collaborato con lui, dai quali ha imparato e ai quali ha saputo lasciare qualcosa. Ci parla delle sue esperienze, della sua vocazione e ci parla dell’ultimo Chromatic Landscape, un lavoro ambizioso costruito e inciso con i suoi Extradiction. Ritmi jazz, struttura classica e impronta progressive, insomma, un’opera importante da scoprire e che mette in luce l’universo di Marco. Musica colta? Beh, così si tende a dire, ma forse è tutto un po’ più facile da decifrare…

 

Ciao, Marco. Benvenuto su MDN. Ovviamente partiamo dalla presentazione. Hai un curriculum di tutto rispetto, ma per chi non ti conoscesse…

 

Ciao, Ricky, e grazie per l’invito. Ho sempre avuto un approccio di grande curiosità e coinvolgimento per molti generi di musica. Sintetizzando, ho iniziato con il rock, pur essendo cresciuto in una casa di musicisti classici, e dapprima ho seguito le vie che la chitarra propone tra blues, jazz, pop e chitarra classica. Intorno ai vent’anni è nato l’amore per la composizione e il suo fedelissimo compagno di viaggio che è il pianoforte. Negli anni ho avuto il piacere e l’onore di collaborare con molti musicisti nell’ambito del jazz, come chitarrista, e in quello della musica contemporanea tra varie commissioni e progetti artistici.

 

 Anni e anni di studio e di approfondimento, in compagnia di grandi nomi della musica e del jazz, quindi. La tua chitarra ne ha viste e suonate tante…

 

Primo tra molti sicuramente Fabrizio Bosso, che fu ospite di un mio quartetto molto giovanile (eravamo tutti ventenni), regalandoci un momento di musica straordinario. Tra vari ho avuto l’onore di suonare con Roberto Gatto, Nicola Stilo, che è ospite anche nel disco Chromatic Landscape e che è uno dei più grandi flautisti jazz di sempre a livello mondiale, nonché incredibile polistrumentista accanto al mitico Chet Baker, Ramberto Ciammarughi, Alessandro Gwis, Francesco Bearzatti, Lino Patruno, Baraonna, Sergio Cammariere, Francesco Di Giacomo e molti altri. La prima esperienza seria nella canzone d’autore la ebbi intorno ai diciannove anni, entrando nel gruppo di Peppino Gagliardi. Fu una bellissima esperienza condivisa, tra l’altro, con Toto Giornelli, che è appunto il bassista degli Extradiction e ovviamente un grandissimo amico e compagno di avventure musicali.

 

Ho parlato di chitarra, ma in realtà sei polistrumentista, oltre che grande compositore e arrangiatore. Insomma, fai un po’ di tutto per amore della musica. Quale attività però ti fa sentire davvero a tuo agio?

 

La creazione musicale è ciò che mi soddisfa di più. Il suonare mi piace in relazione alla realizzazione di un’idea. I prossimi concerti mi vedono sia alla chitarra che al pianoforte, e per altri sarò la penna dietro ai musicisti, ma starò comodamente seduto in platea.

 

Veniamo all’ultimo tuo lavoro in studio e, in generale, proprio al tuo progetto con gli Extradiction. Chromatic Landscape è un disco ambizioso e pieno di sfaccettature. L’idea di base è stata quella di unire il mondo classico e la passione per il jazz. Cosa puoi dirmi, a riguardo?

 

Sebbene la sintesi nell’unione dei due mondi non sia sbagliata come idea, il desiderio a monte è qualcosa di più sotterraneo e trasversale che si fonda per me sulla multidimensionalità che l’esperienza dell’ascolto ha in sé. Ogni genere musicale ha un piano di ascolto privilegiato, e in qualche maniera mi è naturale sovrapporre alcune di queste realtà. Certamente la polifonia, tipica della musica classica, ma anche della progressive e non solo, il forte senso ritmico del jazz e una certa cantabilità più affine forse alla musica da film.

 

In fase di registrazione come sono andate le cose?

 

Molto molto bene. Abbiamo avuto davvero pochissimo tempo in studio, ma l’energia era fantastica e il risultato ci ha sorpreso.Per questo aspetto voglio ringraziare Toto Giornelli, energico e passionale bassista del gruppo, che ci ha concesso l’utilizzo del suo bellissimo studio di registrazione, il TotoSound di Roma. Il lavoro di post-produzione invece è stato molto lungo per trovare il giusto equilibrio e far uscire ogni strumento e tutto il materiale scritto al meglio. Marco Maracci è stato il fonico che ci ha scrupolosamente seguiti in ogni aspetto della post-produzione e Massimiliano Cervini, del Parco della Musica Records, ha finalizzato il tutto dando il suono definitivo che possiamo oggi apprezzare.

 

Con te anche altri grandi musicisti. Come si è formata la band?

 

È una band di musicisti straordinari, ognuno con una storia artistica importante alle spalle. La band è nata quasi casualmente, dopo che alcuni membri dell’attuale gruppo avevano suonato una mia composizione scritta per l’Accademia Filarmonica Romana. Da lì, passo dopo passo, varie circostanze hanno reso necessario l’aggiunta del basso e poi della batteria facendoci virare verso questo genere più ibrido, rappresentato dal nostro Chromatic Landscape.

 

Un brano che ami particolarmente dell’album?

 

Ogni pezzo, devo dire, non è da meno degli altri e non saprei darti una risposta. Forse quello che dà il nome al gruppo, Extradiction: ha quel graffio tra classica e fusion che mi elettrizza. Però anche Reminescences con il flauto di Nicola Stilo è qualcosa di molto emozionante… Penso ci sia dentro, anche pensando alla profonda amicizia con Nicola, un racconto bellissimo di musica e passione.

 

Jazz: grande tecnica, grande espressione e grande necessità di improvvisazione. Spesso viene definita musica colta, difficile da comprendere per il grosso pubblico. Ecco, proviamo a sfatare questo mito e ad avvicinare le persone al pensiero sonoro e, ovviamente, al disco in questione?

 

La musica di Extradiction è complessa nella sua composizione, ma è ideata per far sì che l’ascoltatore non se ne accorga. D’altronde, quando ammiriamo un paesaggio siamo rapiti dall’insieme totale o da un dettaglio, ma non serve essere un pittore, un fotografo o un geologo per apprezzarlo. Ogni brano veicola le idee musicali, prendendo per mano l’ascoltatore e portandolo sempre in stanze diverse, senza fargli perdere l’interesse nella consequenzialità degli eventi. A volte la musica colta è estremamente più semplice di quello che sembra, bisogna saperla ascotare, non necessariamente con orecchio tecnico e preparato. C’è una certa pigrizia anche da parte dell’ascoltatore medio, in Italia in particolare, e sarebbe un grave errore pensare che non sia così e che la colpa sia solo della musica “colta”. Durante i ’70 si è aperta una frattura tra musica contemporanea e pubblico che si è sempre più allargata, ma all’aumentare della complessità e dell’imperscrutabilità di una corrisponde il progressivo avvento della super-mercificazione dei prodotti televisi. Vi ricordo che il grande e lungimirante Frank Zappa vedeva con la nascita di Mtv la fine di un epoca e l’inizio appunto di un epoca della musica legata all’immagine.

 

Riflessioni molto interessanti e condivisibili. Vai avanti, allora, a ruota libera…

 

Niente è paragonabile all’immaginazione umana e voglio dire che più ci vengono fornite immagini e meno immaginiamo. Il suono e la musica possono affrancarsi dall’immagine per vivere un esperienza musicale più profonda e toccante. Mi riferisco al rapporto con la musica di commercio legata alle immagini, l’opera invece è ancora un’esperienza totalitaria forte e profondissima.

La musica viene definita colta in una visione chiaramente eurocentrica. Prima o poi si dovrà curare seriamente la ferità che questa idea e questo termine, “colto”, hanno prodotto nella società e soprattutto in coloro che non si sentono istruiti nell’arte e nella cultura in generale. Ogni genere musicale risponde in maniere diversa all’immaginazione e alle sensazioni umane e il privarsi di tale ricchezza è sintomo di una società purtroppo molto passiva. Siamo nell’era dell’immagine e quest’ultima ha generato troppa pigrizia nell’ascolto. Esiste tantissima musica detta “colta”, termine come detto eurocentrico, che viene apprezzata come se fosse musica pop da tantissime persone ignare di ciò. Tutto si vende, ovviamente, e ciò che viene venduto come “mainstream” non è detto che sia necessariamente di secondo ordine. La verità, per me, è che dipende in parte significativa dal mercato musicale che produce indirettamente mode. Nel 1700 andava di moda Mozart, oggi no.

 

Bisognerebbe parlarne per ore, magari ci ritorneremo su. Andiamo sul semplice ora: i tuoi artisti di riferimento?

 

A dire il vero non ho nessun riferimento costante e non nutro particolari forme di idolatrie musicali o di altro genere. Sintetizzerei forse così… Jazz/fusion: Chick Corea electric band, Pat Metheny, Bill Frisell, Michael Brecker, Yellow Jackets. Classica, le 3 B: Bach, Beethoven, Brahms, e per citare il ‘900 Messiaen, Ligeti, Weber. Pop: Beatles, Radiohead e, perchè no, i Bluvertigo (da bambino li ascoltavo molto). Rock/metal: Metallica, Led Zeppelin e Dream theater. La lista è molto più lunga però…

 

Quindi molti altri generi…

 

Ascolto e amo tanta musica diversa. Da ragazzino ascoltavo anche molto metal, rap ed elettronica,  e mi piaceva il mondo anticonformista dei Prodigy. Non sopporto il raeggeton e tanto meno la trap.

 

Attività live, adesso. Covid a parte, come procede il discorso?

 

Benino, ci sono diversi concerti in vista ma tanti ce li hanno anche cancellati. Il 2022 e il 2023 sicuramente porteranno nuove possibilità.

 

Progetti futuri?

 

Altri dischi con gli Extradiction; ne ho già pronti almeno due da registrare… La penna è veloce, vuole scrivere.

 

Saluta i letteri di MDN, allegando magari i tuoi link di riferimento…

 

Cari lettori grazie davvero per la vostra attenzione. Vorrei esortare tutti a continuare ad amare e a sostenere la musica e l’arte, che è prima di tutto sinonimo di umanità e di identità collettiva. Non lasciamoci traviare e sfruttare dal mercato… Meritiamo di meglio, meritiamo la libertà di poter esplorare questo misterioso e profondo mondo chiamato musica.

 

https://www.marcosinopoli.com/

 

 

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