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PAUL REVERE AND THE RIDERS

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Articolo di Emilio Aurilia

Non càpita solo nel mondo del rock, quanto in quello della musica in generale, che cantanti o gruppi sfornino una canzone indovinata che diventerà emblematica ad etichettare e, ahimé, spesso a limitare l’evoluzione degli esecutori.

Come è accaduto con “Gimme Some Loving” per lo Spencer Davis Group, così “Indian Reservation” ha caratterizzato codesta formazione nata nel remoto 1958 ad opera di Paul Revere Dick (organo) a cui si sono aggiunti il cantante Mark Lindsay, il chitarrista Drake Levin e la base ritmica formata dai due Mike: Holliday al basso e Smith alla batteria.

Per marcare la loro presenza sulle scene agli inizi, si sono serviti di uniformi, divise e feluche varie a proporsi come una sorta di fantasiosa band tipo comedy rock intervallando canzoni a brevi momenti recitativi.

Ma da una band tuttora in attività nonostante il recente decesso di Revere (2014) e di qualche altro componente e con alle spalle più di quaranta dischi (live e antologie comprese), è praticamente impossibile ripercorrerne capillarmente le tappe anche per i cambiamenti non solo di organico ma anche di genere assecondati negli anni, insieme a quelli della denominazione, da quello illustrato nel titolo, a quello abbreviato di The Riders.

Non siamo di fronte ad un fenomeno musicale imperdibile per chi intenda seguire in modo sistematico le vicende dei maggiori artisti impegnati nella caratterizzazione dell’epopea del rock, ma per chi non li ha mai ascoltati, potrebbe essere una scoperta piacevole con i r&b “Let Me” o “Hungry”, oppure “Just Like Me” dai toni beatlesiani degli esordi.

 

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