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Recensione NERO COME LA NEVE di MARCO DELLA CROCE

 

Recensione di Carlo Amedeo Coletta

 

Ho letto: NERO COME LA NEVE
Autore: MARCO DELLA CROCE
Genere: NOIR-GIALLO-STORICO

Non è da tutti avere la fortuna di conoscere uno dei propri scrittori preferiti. Marco Della Croce, addirittura, mi chiama “collega”. Sa come farmi emozionare anche senza una macchina da scrivere davanti agli occhi. Con questa premessa, saltellando come un bimbo che si reca allo stadio, qualche giorno fa sono andato ad assistere alla presentazione del suo ultimo libro, fresco fresco di stampa: Nero come la Neve. Eravamo in un posto a me caro, Pitelli, un paesino che si stiracchia lungo le curve dei colli che circondano La Spezia. Panorami incantevoli. L’occasione, sempre gradita e attesa da tutti gli scrittori di romanzi noir, è stata una delle serate intitolate appunto Pitei n’ Noir, Pitelli in noir, rassegna organizzata dalla capacissima Mara Biso, donna splendida, piena di passione ed entusiasmo.
Bene, direte Voi, sei stato a una presentazione e sei rimasto affascinato dai discorsi sulla trama, sull’ambientazione, sulla copertina e via discorrendo. Eh no, Vi rispondo io! Al contrario di qualche nome altisonante recentemente arrivato agli onori della cronaca, il libro l’ho preso e me lo sono letto tutto, persino i ringraziamenti. E allora ve ne parlo. Sapete perché? Perché è davvero un romanzo bello! Non vi nascondo, inoltre, quanto sia interessante seguire il percorso, umano e artistico, di uno scrittore per cui si ha stima. Ma veniamo alle cose serie. Anzi, un’ultima considerazione: si dice spesso che scrivere di posti conosciuti sia più semplice perché si hanno riferimenti chiari nella mente. Non mi è mai piaciuto molto, però. Scrivere o leggere storie cruente ambientate nella mia zona, ecco, me le rende troppo vicine, come se dovessero accadere davvero. Marco Della Croce, spezzino, ambienta sempre le proprie opere alla Spezia e questo sarebbe un punto a sfavore. Il gioco funziona comunque bene, però, perché lui preferisce allontanarsi nel tempo, non nello spazio, e questo rende tutto nuovamente accettabile. Bella idea. Veniamo davvero alle cose importanti, adesso.
Siamo addirittura nel 1938, è inverno, è dicembre inoltrato. Da qualche mese sono state promulgate le leggi razziali ma anche se il fascismo si è impossessato del paese, anche se lo spettro della futura guerra è sempre più vicino, c’è chi ama e chi odia, c’è chi ignora la realtà che lo circonda e chi se ne preoccupa, come è sempre stato. Ad ogni modo, che tu sia guardia o ladro, rosso o nero, solo o accompagnato, Natale si avvicina per tutti, anche nel nostro 1938. In questo dicembre, poi, sembra voglia essere una fortissima tramontana a portare la festività in città, accompagnata da un intenso freddo e da un cielo perennemente bianco, pronto a scaricare metri di neve su grandi e piccini. Fiorella Monachesi, una bella e giovane maestra marchigiana trasferitasi da un anno in città, non vedrà nulla di tutto ciò. Né il Natale né la neve. E’ stata uccisa da un colpo di pistola sparato al cuore, di notte, in un vicolo vicino al centro. Sul posto, di turno quella sera, arrivano il commissario Dario De Santis, romano con un conto in sospeso con la vita, e il brigadiere Lucio Tonelli, spezzino da generazioni. Sul cadavere pochi indizi, un’insolita e cospicua somma di denaro nel portafogli e una figurina in bella mostra. Poca roba ma non ci vorrà molto per trovare nell’amore la giusta strada dell’indagine. Poi, però, arriva un austriaco in città e viene ucciso non appena sceso dal treno. Come? Da un colpo di pistola sparato al cuore. Sul cadavere pochi indizi e una figurina in bella mostra. No, forse quella dell’amore non è la pista giusta, i due neppure si conoscono! E allora? Bè, allora un altro cadavere, un suicidio, finto ad essere onesti. E pure due fascistoni che ci rimettono la pelle. Che diamine succede alla Spezia? E poi ci sono medici disonesti, portieri chiacchieroni, maestri omertosi, segretarie innamorate, infermiere talmente sole da inventarsi storie d’amore. Tutto intorno, la realtà del fascismo, dell’arroganza della milizia, della prepotenza del potere conquistato promettendo le stelle e abbandonando un popolo alle stalle. Ipocrisie rette dalla viltà e dinamiche sorrette da un tacito consenso, fondamentale tanto per il quieto vivere quanto per lasciare in vita il regime. Un immanente mantello nero che sembra voler avvolgere tutto e tutti, nel corpo e nell’animo, mentre da qualche parte dei bassifondi cova la convinzione di essere chiaramente sulla strada della rovina.
La prima indagine del commissario De Santis è magnifica, ve lo assicuro. Alla presentazione, chiesi all’autore cosa potesse rimanermi dentro dopo aver letto questo libro. Lui, umile, mi rispose che si augurava che almeno il suo messaggio, quello nascosto tra le righe, mi arrivasse: un regime non dura senza che ci sia il consenso del popolo. Sommesso o fervente, il consenso e il sostegno è fondamentale per un regime, qualsiasi regime. Noi abbiamo conosciuto quello fascista ma vale sempre e per tutti.
Ecco, dopo aver letto il libro, adesso senza chiedere a nessuno, vi posso dire cosa mi sia davvero rimasto dentro: un’angosciante sensazione di inadeguatezza nei confronti di una società che continua a cambiare tanto velocemente da non darmi il tempo di capire in che direzione si stia andando. E non parlo di politica, dico in generale. L’angoscia, però, è dovuta al fatto che non capisco, o non voglio capire, se questa inadeguatezza sia reale o non costituisca, invece, il compromesso che ho trovato con me stesso per il mio tacito consenso, quello che lascia tutto com’è. Quel modo di vivere che, se moltiplicato per tante persone, permette al mondo di andare dove qualcuno ha deciso che vada. Deciso anche per me, col mio tacito, e inadeguato, assenso. Proprio come gli spezzini descritti in Nero come la Neve. Sono inadeguato o provare a cambiare è troppo rischioso? Davvero non capisco in che direzione stia andando il mondo o non voglio ammettere di sapere bene, quantomeno poter intuire, la sua destinazione? Non lo so ancora ma già pensarci, ecco, è un punto di partenza. E questo libro, con i suoi mille personaggi, sa toccare le corde giuste per aprire uno squarcio di riflessione e discussione, onesta, con se stessi.
Ogni noir ha un messaggio per il lettore. Spesso coincide con le intenzioni dello scrittore, altre volte ognuno ne trova uno suo. In certi casi, addirittura, neanche lo scrittore si accorge di poter arrivare così dentro l’animo del lettore. Bè, lasciate che Marco Della Croce provi le chiavi a sua disposizione per entrare nel Vostro animo. Sono certo che sarà un gradevole incontro.
E questo è tutto. Buona lettura!

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