Articolo di Adriana La Trecchia Scola
Dall’epistolario di Gesualdo Bufalino: “Ho paura degli anni di sole e di polvere che dovrà ancora durare il mio viaggio, riconosco la mia genuina vocazione a non esistere e sento penosamente di non potere che tradirla. Infine so che domani sarà peggio di così, verrò a patti con la vita, forse truccherò anch’io i miei dadi. Del resto chissà che non si ottenga, barando, la salvezza”. Oggi la parola “cinico” è sinonimo di disincanto, di insensibile, di chi disprezza tutto in modo beffardo: qualsiasi tipo di principio e valore etico e sociale. Non è difficile riconoscere una persona cinica, di solito è una persona che cerca di nascondere i propri sentimenti probabilmente a causa di una forte delusione e quindi non riesce a superare il trauma subito. Una persona cinica tende a stare da sola, predilige la solitudine e perciò ha problemi a relazionarsi con il mondo esterno che viene percepito come ostile. Il significato attuale di Cinismo è molto differente rispetto a quello del passato. Infatti il Cinismo come corrente di tipo filosofica ha origini antichissime. Secondo alcuni studi quando si parla di “cinici” si fa riferimento a quei pensatori che sostenevano la filosofia cinica che si distinse per lo stile di vita non convenzionale, per il suo rifiuto degli accordi sociali e politici tradizionali, esercitando invece un’utopia universale e l’anarchismo comunitario. Attraverso questo movimento filosofico si cerca di distruggere tutte le convenzioni sociali, inclusa la vita familiare, come un modo per tornare a una vita “naturale”, più vicina alla natura. Il fondatore del movimento si pensa sia stato Antistene, il quale era un discepolo di Socrate, ma si ricorda soprattutto Diogene di Sinope. Per altri studiosi il Cinismo è scaturito dalle varie conquiste di Alessandro Magno e l’allargamento dell’impero macedone, ma anche dalle varie conoscenze delle filosofie dell’Oriente, come quelle indiane. La parola cinico ha avuto molto spesso un significato negativo, perchè veniva utilizzata per indicare chi disprezza determinati ideali affermati nella società in cui si vive. Coloro che seguivano la corrente filosofica del Cinismo erano persone molto stravaganti, che non rispettavano le regole imposte all’interno del contesto sociale in cui vivevano. La corrente filosofica del Cinismo ha come obiettivo quello di proporre ai propri seguaci la via per arrivare alla felicità vera e propria, cercando di allontanare tutta la sofferenza che poteva dall’epoca in cui si viveva e dalla società dell’epoca. Il Cinismo ebbe grande successo nel IV secolo a.C. poichè rispondeva ad alcune esigenze di fondo dell’età ellenistica. Esso rappresentava la denuncia delle grandi illusioni che da tempo agitano invano gli esseri umani: l’attaccamento alla ricchezza, il desiderio di fama e di successo. Si potrebbe affermare che il Cinismo predicava l’autarchia e l’apatia, intese come condizioni essenziali della saggezza e quindi della felicità. Tuttavia, rispetto ad altre correnti filosofiche, il Cinismo dimostrò una validità minore a causa del suo estremismo, del suo anarchismo e di un’evidente povertà spirituale. Questa consiste non soltanto nel rifiuto della scienza e della cultura, ma anche nella riduzione dell’aspetto propriamente filosofico del suo messaggio, a tal punto che esso non è capace di giustificare dal punto di vista teorico se stesso. Diogene finì per essere visto come il modello del filosofo cinico. Egli fu contemporaneo di Alessandro Magno e un’antica testimonianza riferisce che sia morto a Corinto nello stesso giorno in cui Alessandro morì a Babilonia. Il termine “cinismo” potrebbe derivare dal Canosarge, l’edificio ateniese che fu la prima sede della scuola, o dalla parola greca ‘cane’, il soprannome con cui Diogene veniva chiamato dai suoi detrattori. Forse Diogene ricorse per primo a questo termine, spiegando che il suo comportamento era simile a quello di un cane ‘libero’. Infatti i cinici professavano una vita randagia e autonoma, senza lasciarsi prendere dai bisogni e dalle passioni e fedeli solo al rigore morale. Il suo pensiero è espresso dalla celebre frase “Cerco l’uomo”: significa cercare l’uomo capace di vivere secondo la sua essenza più autentica, al di là di tutte le esteriorità e di tutte le convinzioni sociali, al di là di tutti i capricci della sorte e della fortuna per ritrovare la sua natura genuina e capace così di essere felice. In sostanza Diogene al concetto sostituisce l’esempio e l’azione, così il pensiero filosofico del Cinismo diventa il più anticulturale di tutte le filosofie della Grecia e dell’Oriente. Tradizionale è anche l’immagine di Diogene nella botte, come simbolo di quanto poco possa bastare per vivere. Bisogna poi ricordare l’episodio dell’incontro di Diogene con Alessandro Magno. Quest’ultimo chiese al filosofo di chiedergli che cosa volesse e avrebbe esaudito i suoi desideri. Diogene rispose soltanto di spostarsi e lasciargli godere della sua parte di sole. Questo significa che Diogene si accontentava delle cose più naturali, a disposizione di tutti, nella convinzione dell’inutilità della potenza degli uomini, dato che la felicità viene dal di dentro e non dal di fuori dell’uomo.