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TERRA MADRE Intervista al chitarrista Gianluca Molinari dei Silenzio Profondo

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

I Silenzio Profondo sono stati per me una piacevole scoperta e, ovviamente, sono sempre più felice di poter incontrare e conoscere nuove realtà musicali della penisola. Che poi, in questo caso, non è nemmeno corretto parlare di nuovo, considerando che i mantovani sono in giro da molti anni e che questo non è il primo capitolo della discografia. Colpevole ritardo a parte, ciò che mi ha colpito tantissimo è la loro proposta: metal in italiano, situazione non unica, ma comunque piuttosto rara. Ispirandosi ai grandi nomi della scena, i ragazzi hanno portato avanti il discorso con Terra Madre, un ottimo e potente disco, oltre che un’analisi cupa dei nostri tempi. Bello quindi, poter scambiare qualche battuta con il chitarrista Gianluca Molinari, un musicista che conosce bene il mestiere…

Benvenuto sulle nostre pagine. Dunque, la fortuna mi ha portato a scoprire la vostra musica e, di conseguenza, dopo aver apprezzato il vostro ultimo Terra Madre, ho deciso di coinvolgervi. Prima di entrare nel vivo però, raccontiamo ai lettori chi siete?

Siamo una band metal di Mantova e siamo nati nell’ormai lontano 2006. Dopo un brevissimmo periodo di cover hard’n’heavy, abbiamo sentito da subito l’esigenza di scrivere musica nostra, che rappresentasse i nostri anni adolescenziali. È stata una transizione piuttosto naturale e in pochi mesi avevamo già composto diversi brani che ancora oggi continuiamo a eseguire.

Ciò che più sorprende e che sicuramente vi contraddistingue è l’utilizzo del nostro idioma. Inutile girarci intorno, difficilmente il metal viene cantato in italiano. Voi lo fate da un sacco di anni e, nel corso del tempo, vi sarà sicuramente già capitato di rispondere alla domanda. Io ve la pongo comunque: perché questa scelta? Ovviamente, per quanto mi riguarda, stima massima…

Ti ringrazio per l’apprezzamento, è molto significativo per noi. La scelta della lingua italiana è venuta spontaneamente, sia per motivi di scrittura che per motivi espressivi. Scrivere metal in italiano ci è sembrato da subito un modo diverso di esprimere questo genere musicale che nel corso degli anni ha avuto grandissimi, e probabilmente insuperabili, artisti. Inoltre l’utilizzo della lingua madre ci ha permesso di descrivere con più precisione alcune tematiche delle nostre canzoni, che spaziano tra elementi sovrannaturali a riflessioni sul genere umano, in particolare la sua evoluzione e involuzione.

Terra Madre è un disco figo, eseguito e prodotto molto bene, è un lavoro che può tranquillamente soddisfare gli amanti del sano heavy di fine ottanta, ma anche avvicinare al genere nuovi ascoltatori grazie alla bontà delle melodie. Come avete concepito questa nuova raccolta di canzoni? E quali sono state le principali idee di partenza?

Questo album ci ha coinvolto emotivamente e siamo fieri del risultato finale. Le canzoni sono state concepite in modo molto diverso tra loro. Alcune hanno avuto come punto di partenza un semplice riff di chitarra, altre sono partite da qualche verso, altre ancora da un fill di batteria. Quello che ha accomunato i brani è stata l’elaborazione, molto più articolata, che è avvenuta in sala prove, passando tra i nostri strumenti. I brani hanno preso vita in sala prove, e suonandoli ripetutamente abbiamo trovato la forma perfetta, il vestito che si adattasse comodamente alle nostre misure. Per questo sentiamo che Terra Madre ci rappresenti particolarmente, proprio perché si sente l’unione tra i vari componenti della band e questo metodo di scrittura ha preservato la spontaneità musicale che è una caratteristica peculiare della nostra band.

Chitarroni massicci e allo stesso tempo raffinati, sezione ritmica solidissima e la voce di Maurizio a chiudere un pacchetto eccellente. Quanto vi sentite in forma, in questo momento?

Siamo davvero orgogliosi del nostro terzo album e ci sentiamo al settimo cielo in questo momento! Stiamo ricevendo apprezzamenti da tantissimi esperti del settore e questo non fa altro che darci la carica e l’energia per andare avanti.

Parliamo un po’ del singolo Uomo Sospeso, brano accompagnato anche dal bel videoclip disponibile su Youtube. Sonorità e testo descrivono molto bene ciò che è possibile trovare all’interno del disco…

Uomo Sospeso è un brano a cui siamo piuttosto affezionati. Parla di una persona che è tormentato dagli spettri del passato e che si trova tra due mondi, quello reale e quello metafisico. In questo viaggio onirico, dove le varie personalità dell’individuo si fanno guerra, trova forse pace in sè stesso nel momento in cui rivive i traumi infantili e li accetta come parte integrante di sé. Il brano è l’unico dei Silenzio che nasce dalla penna di un nostro carissimo amico, supporter importante della band. Ringraziamo Zeb, di Rock for Rookies, per l’eccelso lavoro di regia e montaggio.

Le atmosfere generali raccontano un mondo allo sbando e, se vogliamo, a un passo dall’Apocalisse. Qualcuno potrebbe ritenere il discorso esagerato, ma a pensarci, non siamo messi poi così bene. Sospesi nell’aria, un po’ tutti, giusto per citarvi. Cosa mi dite?

L’album parla di attualità, in sostanza. Dobbiamo preservare noi stessi e il nostro pianeta. L’uomo è distruttore e se non ci sarà una svolta il futuro sarà sempre più drammatico. Con il nostro album abbiamo descritto, in forma piuttosto esplicita, la relazione tra l’essere umano e la natura.

Altri pezzi piuttosto significativo sono Tempesta Di Meteoriti e Scilla E Cariddi, dedica ai due mostruosi esseri della mitologia. Parlatemi di queste due canzoni…

Tempesta Di Meteoriti è stato il primo brano che abbiamo scritto per questo album e non a caso è anche l’opener. Questa canzone si è sviluppata in seguito al riff introduttivo che fa anche da ritornello. Rispetto ad alcuni momenti scuri tipici dei Silenzio, Tempesta ha elementi di tinta chiara, dovuti alla tonalità che però si sposano a quelli più hard (vedi lo special dopo il solo!). Scilla e Cariddi, invece, è stata costruita partendo dal ritornello e dall’intro di batteria. Qui abbiamo parlato di mitologia e di credenze popolari antiche legate alla nostra meravigliosa terra. L’idea era di scrivere un brano dove potessero emergere le personalità delle due chitarre dei due chitarristi virtuosi. Le anime delle due creature si possono così percepire con chiarezza negli assoli presenti nel cuore del brano.

E poi ci sarebbe anche forse il gioiello del disco, Quarantena, una sorta di minisuite capace di presentare altri aspetti della vostra espressione musicale…

Quarantena è stato il brano più tormentato del disco. La gestazione è stata piuttosto lunga; abbiamo lavorato duramente circa un anno e mezzo prima di trovare la forma perfetta. Siamo contenti del risultato finale. Ci sono molti elementi prog nella canzone e il prog è un genere che in un modo o nell’altro ci ha sempre affascinato e influenzato.

Come detto la produzione è di assoluto valore e il risultato finale, oltre a soddisfare timpani e sensi, omaggia la grande tradizione del metallo anglosassone, quello che ha reso leggendari gruppi come gli Iron Maiden, i Judas Priest o i Saxson, primi nomi che mi vengono in mente. Quanto dovete a mostri sacri di questo calibro?

Senza queste band probabilmente non saremmo mai nati…

Restiamo in tema. Come sono andate le cose in studio di registrazione e chi ha guidato i lavori?

In studio abbiamo lavorato duramente, anche se ci siamo divertiti davvero tanto. Abbiamo inciso l’album presso il Domination Studio di Rimini e ci siamo affidati agli esperti Bertozzi, per quel che riguarda la registrazione, e Mularoni che ha gestito la fase di mix. L’armonia con loro si era già formata quando abbiamo registrato Ritornato dall’Incubo, il lavoro precedente. Questa alchimia ha portato a una direzione ben precisa e definita e ha portato al suono del nostro album. Dobbiamo davvero tanto a loro, ci hanno spinto e motivato a fare del nostro meglio.

Da Mantova, quasi venti fottuti anni di attività, tre album, il primo nel 2017 e ancora tanta voglia di fare. Proviamo a riassumere la storia dei Silenzio Profondo, sottolineando magari le tappe più importanti…

Le tappe più importanti sicuramente sono state la definizione del nostro cantante, Maurizio Serafini e l’arrivo di Manuel Rizzolo alla chitarra ritmica e solista, in sostituzione al nostro fratello Matteo Fiaccadori, scomparso prematuramente nel 2017. La formazione così compatta ha reso il nostro sogno realizzabile e i Silenzio sono cresciuti sempre più, mantenendosi attivi nell’ambito dei live, che è il punto forte della band.

Cosa pensate del sistema musicale in Italia? Vi tolgo subito dal possibile imbarazzo: siamo nella merda, ma bisogna assolutamente continuare a fare…

Sicuramente bisogna fare musica, sincera e spontanea, e chiaramente sapere scrivere e saper un minimo suonare e cantare una nota intonata, visto che oggi non è così scontato! Sempre più sono gli artisti che si definiscono tali ma non hanno competenze musicali a sostegno di questa tesi… ma a parte le polemiche, che non vogliamo farle, crediamo che la svolta possa arrivare dai live, che resta ancora la forma di comunicazione musicale più forte. Per cui il concerto va valorizzato in ogni sua forma ed è in quel momento che bisogna cogliere l’attimo e comunicare qualcosa di significativo.

Salutate i lettori di MDN, piazzando come mine i vostri principali link…

Un saluto a tutti i lettori, sperando che apprezzino il nostro nuovo lavoro…e anche i precedenti ovviamente! 😉

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