A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage
Un artista in giro da tanto tempo, che conosce bene il mestiere e che non smette mai di mettersi alla prova. Eppure questo è il primo disco da solista e tale aspetto è già di per sé motivo di grande interesse. Premi play e ascolti la proposta, provi ad assimilare subito i concetti. Non ti risulta facile al primo ascolto e, di fatto, ti rendi conto delle capacità compositive del cantautore o del livello di libertà che ha guidato la composizione. Signori, oggi abbiamo una serie di domande per Steve Manfroi, autore a dir poco ispirato e originale. La Tazza Delle Parole è un grande disco alternativo, ricercato, multiforme, genuino e parecchio surreale. Piccolo spoiler: ho provato a comprendere l’origine di certe note, ho provato a piazzare il lavoro in una determinata fila dello scaffale: folk, beat, acid rock, puro cantautorato… ma niente, ho dovuto fare più volte un passettino indietro. E questo la dice parecchio lunga. Buona lettura e, chiaramente, buon ascolto. Perché sì, ascolterete l’album di Steve!
Ciao, Stefano, benvenuto. Anzi scusami, ricominciamo. Ciao, Steve, benvenuto! La prima domanda è sempre la solita: presentati ai nostri lettori?
Ciao, sono Steve Manfroi nell’ordine autore, cantante, musicista.
La Tazza Delle Parole è il tuo primo album solista. Sei in giro da diverso tempo però e hai accumulato molte esperienze nel corso della storia. Bene, hai voglia di riassumere tutto o quasi?
Ok, opterei per il quasi: ho iniziato a suonare molto presto la chitarra grazie alle lezioni di mio padre che era un bravo musicista, poi ho frequentato il conservatorio di Milano, studiando clarinetto e pianoforte, imparando sopratutto a suonare con gli altri e l’improvvisazione, grazie ad interminabili jam session con gli allievi più balordi e indisciplinati. Negli anni a seguire ho iniziato a scrivere canzoni (testi e musica) e poi fatto sei dischi con varie band, oltre ovviamente a molti concerti live e, per un certo periodo, per motivi di sopravvivenza, sono stato pure l’improbabile percussionista di una cantante brasiliana…
Veniamo al disco, ora. Possiamo parlare di un lavoro cantautorale, pervaso da suoni e da idee collegabili al folk, alla beat o alla psichedelia. Che dire, non ti sei fatto mancare nulla, mantenendo però la tua personale linea guida. Come sono nate queste nove canzoni?
Ho scritto queste canzoni tra il 2020 e il 2021. Alcune (tra l’altro quelle che preferisco) sono nate quando eravamo già in fase di preproduzione rubando il posto ad altre. Era da un po’che non scrivevo, negli anni precedenti mi ero più che altro dedicato a suonare live e a collaborare con compagnie teatrali. Pensavo seriamente che la mia vena creativa fosse esaurita. Invece, grazie anche alla meditazione buddista, che tra le altre cose aumenta la creatività, ho ripreso a scrivere delle cose che mi piacevano, le ho fatte ascoltare all’amico Giovanni Ferrario (geniale musicista e produttore), chiedendogli se avesse voglia di produrmi. Lui ha accettato ed eccoci qui a parlare, come tu giustamente notavi, di un disco pieno di suoni, dettagli e idee varie, grazie a una produzione artisticamente molto generosa, che ha saputo però mantenere lo spirito originale dei miei brani, anzi lo ha enfatizzato .
E in studio come sono andate le cose? Con chi hai collaborato?
Con Giovanni abbiamo iniziato a registrare alcune idee e a scambiarcele in remoto (era ancora un periodo strano di fine pandemia). Poi finalmente tra giugno e luglio 2022 abbiamo registrato il grosso del lavoro a Toscolano (BS), nello studio Corimè di Maurizio e Roberto Giannone, che hanno anche suonato nel disco (percussioni, chitarra, piano preparato e cori) insieme a Stefano Zeni (violino), Pier Taddeucci (tromba), Michela Manfroi (mia sorella ed ex Scisma tastiere). Il resto lo abbiamo suonato io e Giovanni (sopratutto lui). Le cose sono andate bene, eravamo come in famiglia, abbiamo mangiato insieme (un ottimo catering casalingo!) e in una settimana abbiamo fatto tutto. Molte idee sono nate in studio e i musicisti sono stati bravissimi e sensibili. Poi, vedere Ferrario dirigere i lavori, è stato veramente emozionante, un grande. Abbiamo mixato tutto alla Buca Recording Studio di Montichiari (BS), senza (quasi) mai litigare…
Dando un’occhiata alla tracklist, ancora prima di ascoltare il lavoro, sono rimasto colpito dalla presenza di una Layla. Titolo impegnativo! Tra l’altro è uno dei brani che più apprezzo. Parlami di questa composizione?
Layla ? C’est moi! Scherzo, è un po’ la storia di una ragazza conosciuta a Londra che si chiamava proprio Layla. Un nome effettivamente molto musicale. Sono contento che ti sia piaciuta, è la prima canzone che abbiamo registrato.
Ancora più intenso il discorso acido/psichedelico nella traccia che dà il titolo all’album. Anche qui ti sei divertito molto, vero?
Sì, sopratutto con quel basso elettrico distorto, il tamburo sciamanico e poi giù schitarrate! Lo trovo un brano originale, difficilmente assimilabile a un genere preciso. No?
Concordo, grande pezzo. Il primo singolo estratto però è Lo Stupore, apertura d’album, scanzonata soltanto all’apparenza. Perché questa scelta?
Volevamo che arrivasse il senso liberatorio del testo e anche l’ironia un po’ zen. Giovanni, quando l’ha sentito la prima volta, ha detto che ci avrebbe visto delle trombe. Perchè? Forse perchè ama il Messico e i Toltechi…
Parliamo adesso proprio dei testi. Cosa ha ispirato tutte le immagini presenti?
Domanda da un milione di dollari. Penso la vita. Sono testi sinceri, un po’surreali e quindi, come tutto ciò che è nell’idea surrealista, più veri del vero.
Quali sono gli artisti che senti di dover ringraziare, quelli che più ti hanno ispirato? A mio avviso, molti nomi sembrano arrivare in maniera naturale, prova a sorprendermi…
Davvero ti sovvengono molti nomi? Sono curioso, anche se i paragoni sono sempre un po’rischiosi per un artista emergente o meglio emergenziale, quale io mi sento. Comunque ti rispondo, sinceramente senza cercare di sorprenderti: in ordine sparso Orme, Doors, Clash, Marilyn Manson, CSI, Ennio Morricone, Calexico, Roxy Music… C’è qualcuno di quelli che pensavi tu?
No, colpito e affondato. O meglio, ascoltandoti mi sono venuti in mente personaggi vari del folk americano, i Beatles, più che altro nelle versioni più sperimentali. E poi ci sono lo spirito latino o la psichedelia. Ho erroneamente pensato che avresti tirato in ballo altri e non Marilyn Manson o Ennio Morricone, per esempio. I Doors però sì, pensandoci meglio… Approfondiremo, stanne certo! Tornando a noi, stai già portando sul palco La Tazza Delle Parole?
Non ancora, visto che Giovanni Ferrario, imprescindibile per eventuali live, dal prossimo agosto sarà in turnée con PJ Harvey, in tutta Europa! Del resto, come dargli torto, lei è molto più carina di me. Ne riparleremo dopo l’estate
Progetti futuri?
Sto finendo di mixare proprio in questi giorni un EP (quattro brani di cui due cantati in francese),
registrato e prodotto insieme a Gabriele Ponticello. Un disco piuttosto diverso da La Tazza Delle Parole, che spero possa uscire entro fine anno. Poi sto scrivendo nuove canzoni per… il prossimo disco of course!
Cosa non ti ho chiesto?
Come sta Layla? Bene, grazie! Adesso per fortuna bene.
Saluta i lettori di MDN, allegando tutti i tuoi link di riferimento…
Grazie a tutti i lettori di MDN per l’attenzione. Vi invito ad ascoltare le mie canzoni e, per assonanza di titoli, per prima Poco Meno Di Niente! Tra l’altro, una delle mie preferite. Ciao.
https://www.facebook.com/stefano.manfroi/about