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VAN MORRISON

Di Emilio Aurilia

Di un cantautore musicista che, nonostante siano quasi sessanta gli anni di attività, continua tuttora fra concerti e uscite discografiche abbastanza frequenti, non è facile diffondersi in una miriade di particolari che lo possano interessare e caratterizzare.

Nato a Belfast nel 1945, ha iniziato la sua attività prima col gruppo dei Monarchs e poi con i Them con cui raggiunge il successo con il suo brano “Gloria” (solo omonimia con la canzone di Tozzi), ripresa dal gruppo beat nostrano Rolls 33, prima di mettersi in proprio nel 1967 dopo varie vicissitudini, registrando “Astral weeks” (1968), suo secondo album solista, rimasto ancora oggi uno dei suoi prodotti più notevoli imperniato di blues, rhythm and blues, ballate folk di stampo irlandese, rock e anche un certo jazz swingante, particolarmente evidente in “Moondance” del 1970 in cui il brano omonimo sarà poi la sua costante cifra stilistica in mostra ancora oggi nei suoi prodotti discografici. Nel 1971 con “Tupelo Honey” privilegia invece le atmosfere country folk grazie a brani come “Startin’ a new life”, “I wanna roo you” e “When that evening sun goes down”.

Con i successivi “St. Domenic’s preview” (1972), “Hard Nose The Highway” (1973) e “Veedon Fleece” (1974) prosegue il suo successo maggiorando l’attenzione del pubblico e rifulgendo, dopo alcune prove incerte, con il brillante “Into the music” (1979) in cui spiccano lo swing di “The bright side of the road”, in apertura, i country folk “Full force gale”, “Troubadours” e “Rollin’ hills”, per un disco consigliabile, a giudizio di chi scrive, a coloro i quali non hanno mai ascoltato una sola nota del musicista irlandese.

Da quel momento la sua produzione si stabilizza su di uno standard comprovato e che lo condurrà verso album dal vivo “Live at Garden Opera House” (1984) nella sua Belfast con l’illustre partecipazione del leggendario Mark Isham alla tromba, esperimenti con altri musicisti come “Irish Heartbeat” (1988) insieme al gruppo folk irlandese dei Chieftains, “How long has this been goin’ on” (1996) col fedele amico degli esordi Georgie Fame e il recente (2018) “You’re drivin’ me crazy” col compianto organista americano Joey Di Francesco.

Ancora ai giorni nostri, come si diceva all’inizio, continua a suonare in pubblico e in studio, regalandoci dischi di lunghezza notevole (spesso un’ora e più) da musicista inossidabile divenuto un classico e come tale non ha da dimostrare più nulla e di cui almeno quattro o cinque album non dovrebbero mancare in ogni discoteca privata di appassionati.

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