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Intervista a Davide Crateri, voce, basso e synth degli Analogic EVA

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

A cura di Riccardo Gramazio_Ricky Rage

Circa due settimane fa, dopo tanto tempo, io e Dave siamo riusciti a incontrarci. Serata piacevole, divertente e particolarmente costruttiva; abbiamo parlato di musica, di bella musica, di tante altre cose e di musica ancora. Sì, perché siamo innamorati della musica e delle cose belle, e di musica e di cose belle, dentro il disco degli Analogic, ne abbiamo. Dave ha un curriculum di tutto rispetto, nel corso degli anni ne ha combinate di ogni, ma Eva può essere considerata l’attuale e perfetta diapositiva dell’artista milanese, qui seguito alla grande dal figlio Diego e da Tony. Con la mia copia autografata dell’album tra le mani, scrivo adesso a Dave per saperne di più…

Eccoci qui, Dave. Ospitarti sulle nostre pagine è sempre bello per molti motivi, ma come sempre l’idea è quella di parlare di musica, di grande musica. L’ultima volta non entrammo nel vivo del progetto Analogic, tutto stava prendendo però rapidamente forma. Ora è arrivato il momento di raccontare…

Ciao, Ricky, è uscito il primo album degli Analogic Eva a dicembre in streaming e a gennaio sono state stampate 500 copie in vinile, olè! L’ultimo live a dicembre a un evento benefico qui a Milano, a ottobre abbiamo calcato il palco big del MEI di Faenza, ad Agosto menzione speciale con Mystic Orphic Music alla seconda edizione del premio su Dino Campana “Canti Orfici in Musica” a cui siamo stati invitati, ma non abbiamo potuto partecipare, a Luglio è uscito ovviamente Luglio Agosto Settembre Nero, il videoclip che a maggio era stato trasmesso in anteprima allo IULM perché contenuto nel docufilm L’occhio L’orecchio La gola di Roberto Manfredi su Gianni Sassi. Nel mentre il lavoro di arrangiamento e registrazione del disco ha risentito del mio stato di salute che a inizio estate non era per niente buono, quindi la pubblicazione è slittata di un paio di mesi. Si è costituito un team di lavoro che replicheremo sul prossimo disco formato da me, Diego, Tony, il nostro art director Mirko Giardini di Dinamicart, Marco Leo di Bluescore Studio e chitarrista degli Ujig e Giacomo Cacciatori della Luminol Records, la nostra etichetta.

Eva testimonia tutto il buono partorito dalla band. Un disco straordinario in termini di creatività e di espressione, un disco libero e fuori da questi tempi, a mio modo di vedere, piuttosto mediocri. Cosa rappresenta per te, per voi?

È la fotografia, direi più una polaroid, di questo 2023 vissuto molto intensamente tra alti più alti del solito e bassi degni di nota, un anno davvero importante nella mia vita, ma vissuto anche con grande divertimento, ne sono successe di tutti i colori e va bene così. Come band esistiamo esattamente da un anno e ora esistiamo anche su vinile.. wow. È stato un bel parto, ma amo questo disco e cerco di sentirlo dentro e fuori di me. Devo però dirti che non testimonia solo il buono, ma anche un po’ di cattivo, involontariamente, inevitabilmente. Che sia fuori da questo tempo ti direi un po’ si e un po’ no… Ave Natura e I am an Intellettual mi sembrano le più moderne, forse anche per l’apporto compositivo di Diego, soprattutto in Ave Natura, che come suono mi sembra il pezzo più fresco dell’album. Beh, anche Ode Nichilista volendo, ma con un vestito molto più scuro. Invece la libertà che hai colto è la base; facciamo musica per conoscere e per conoscerci, e poi ci divertiamo. Ed è incredibile cosa genera l’interazione tra diverse energie a volte, con te persona e con te entità, qui e altrove, momenti mistici durante le registrazioni di Eva, insomma…

Veniamo proprio alle canzoni. La vostra versione di Luglio Agosto Settembre Nero, che già avevamo apprezzato e che già aveva ottenuto i giusti riconoscimenti, considerato il momento storico, suona fottutamente attuale a livello di tematiche. Gli Area avevevano le antenne alzate, ma sono contento di poter dire lo stesso di voi. Un brano tosto, ma che merita di essere ricordato. Cosa mi dici?

Che da qui siamo partiti. Un anno fa decido con Diego di partecipare a questo concorso della Cramps Records e riprendere un progetto a cui tenevo. Scegliamo Settembre Nero e mi contatta Tony, due mesi dopo vinciamo il Contest, poi conosciamo Fariselli degli Area, che seduto in auto con noi ascolta la nostra versione e dice: «C’è un perché», poi ci fa un cameo nel video! Allora, strutturalmente l’ho rivisitata io, abbiamo aggiunto l’assolo su quella sezione in 31/32simi e la seguente sezione noise di cui vado abbastanza fiero, per il resto è una versione piuttosto rispettosa, certo Crateri non è Stratos, ma nell’imprinting di Crateri tredicenne c’è Mike Patton, il quale ben conosceva Stratos e realizzava dischi come Adult themes for Voice e Pranzo Oltranzista, che rimandano immediatamente a Cantare la Voce” e Metrodora di Stratos. Grazie a studiosi sperimentatori come loro e altri coraggiosi possiamo intendere lo strumento voce su ben altri livelli. Comunque sul canto no, ma posso competere con Stratos e Patton in quanto a varietà e fantasia nei versi, con vari metodi di emissione, e me ne vanto.

In lista, e questo lo avevamo anche accennato tempo fa, anche qualcosa del tuo repertorio e qualche vecchia situazione…

Sì, della premiata scuderia Davecrax troviamo Generazioni, che qui ha tutta un’altra veste e Ode Nichilista, che dopo tante versioni strumentali a nome Davecrax (nel 2001 il mio primo videoclip fu la versione dance di questo pezzo) trova qui la sua definitiva forma canzone. I am an Intellectual era un tempo I am a rock’n’roll star di Davecrax, presa da un demo del 2003: Diego ha rifatto linee vocali e testo e Tony ha fatto poi il suo. Io ho aggiunto dell’elettronica e ho mantenuto quella bomba di linea di bass synth che già aveva. E poi c’è Mystic Orphic Music, che nasce nel ’99 all’epoca del Ganesh Studio e della prima formazione, ed è una sintesi ideale tra quel passato e questo presente. È il pezzo più elettronico del disco e ha un’impatto notevole, è un cazzo di schiacciasassi! Il testo è invece del 2023, ispirato ai Canti Orfici di Campana, e devo dire che nelle strofe ho esattamente la voce che volevo. Questa traccia dell’album è anche quella più rappresentativa dell’inferno sonoro che generavano all’epoca i primi Analogic, tra improvvisazioni ed esecuzioni al buio.. e poi c’è il solo finale di chitarra che vi pettinerà.

Eva presenta davvero una gamma infinita di idee musicali e di generi. Nell’insieme tutto appare omogeneo, legato e perfetto. Gli Analogic non escludono niente o quasi, miscelano in maniera pressoché forsennata, ma la miscela è estremamente coerente, eccellente. Sì, non saprei definire meglio la proposta. Parlami un po’ del percorso sonoro, della ricerca e della sperimentazione. Come siete arrivati a ciò?

Alcuni suoni già li avevamo e altri li abbiamo creati nel tragitto. Per esempio, con il basso a volte entro direttamente nella scheda e registro così, nature, e il suono mi piace di più che con l’aggiunta di chorus, compressione o sa il cazzo quale plugin. Altre volte lo infilo dentro al synth e passo del tempo a trovare quel taglio o quel graffio che cerco, poi magari lo definisco ulteriormente sul software. Chiaro che i suoni del disco tra un brano e l’altro sono volutamente diversi perché provenienti da matrici diverse, ma di principio non c’è stata intenzione di uniformare il tutto, e si sente. Cosa che potremmo fare invece la prossima volta, perchè no. Trovo il disco legato e slegato al tempo stesso, è un impasto eterogeneo che può risultare a tratti omogeneo. Ha prevalso il fatto di volersi declinare in contesti disparati, perché questo sono e questo sento di fare e perché gli Analogic, in effetti, non escludono quasi niente e hanno un approccio zappiano. E questo è un lavoro nato da pura necessità espressiva, qui la regola è solo fare quello che senti al meglio, mettendosi in discussione però, e allora questo percorso può portare ogni volta a un’evoluzione.

Tanto per fare un esempio, tra il rock e l’elettronica, ci finisce dentro una piano-ballad nostalgica e struggente come “Mirage”. Pezzo in inglese, per giunta. Come ci è finita dentro?

Ecco, io qui ho realizzato linee vocali, testo e arrangiamento, ma la musica è del caro amico Maspic, che scrive con una malinconia che condivido. Qui il piano è suonato da Edoardo Maggioni degli Ujig e io ho sovrapposto un suo take secondario a quello main solo in certi punti per aggiungere una dissonanza e un colore in più. La scelta dell’inglese è stata invece di Maspic e mi sono adeguato. Gli ho proposto alcune cantanti e lui ha scelto Letizia Racca, che vent’anni prima cantava con me nei Selva. Volevo usare la sua voce come linee di archi e violini e devo dire ha funzionato bene, c’è anche un cluster notevole. La voce di Letizia conosce ben pochi limiti ed è stato bello ritrovarsi e aggiungere all’album pure un pizzico di Selva. Siamo in trappola è il disco del 2003 che ho fatto con lei come duo pop dei Selva e anche lì i brani erano differenti tra loro. I Tempi del Silenzio, Sono qui, Selva e Non finirà così sono belle canzoni. C’era dentro pure la prima versione di Istinto Isterico, cantata appunto da Letizia che poi ha rifatto nel 2013 con le Yavanna.

Difficile scegliere un pezzo in particolare perché credo che “Eva” vada preso in blocco, ma le immagini regalate da “Milano Magnetica” sono a mio modo di vedere bellissime. Un omaggio alla nostra città, una città da amare e da odiare, una città bellissima e al contempo… fredda, decadente. Sì, adoro questa canzone per il senso di malinconia notturna che riesce a trasmettere. Dai, qualche aneddoto su questa…

Non sei la prima persona a farmela notare e mi fa davvero piacere che anche questa canzone arrivi. Allora, Milano Magnetica nasce a gennaio 2018 come brano mio per la band Satan 81 di cui ero cantante all’epoca, infatti, qui alla batteria, c’è Simeon Monov e non Tony, meglio precisare. Basso e chitarra dovevano farli gli altri due membri, ma non restai soddisfatto delle loro esecuzioni così le registrai io. Poi il brano piacque a Diego e lui risuonò le parti di chitarra rifacendo il solo, che preferisco di gran lunga al mio. Il suo, tra l’altro, rievoca un pò Steve Lukather. Il pezzo è dedicato sia a Donna Crateri (che era lì con me mentre creavo questa musica e all’epoca faceva Milano di cognome, l’hai conosciuta quella volta della videointervista) e sia a questa Milano degli anni novanta, che nella mia memoria ha questa bellezza davvero decadente. Decadence is the Law suonavano infatti i primi Analogic. C’era il Transex e quel profumo di musica che scopri e che ti rimane per la vita, ma anche la paura di mettere piede in certi posti. La stazione abbandonata di Porta Vittoria, in cui giocavamo di nascosto, pareva uno scenario apocalittico e sempre lì, qualche metro e qualche anno in là, le mitiche notti al Plastic o al Gasoline. Nel testo c’è questa frase di Isabella Santacroce vorrei che tu ed io fossimo solo una fantastica foto, che con amarezza cristallizza l’amore e la complicità all’apice. Mi piace molto.

In studio come sono andate le cose? Ti immagino lì, a curare ogni minimo dettaglio fino allo sfinimento, ma potrei sbagliarmi…

Si ti sbagli, ma può accadere che me ne vada anch’io in fissa. Credo che certi dettagli sono stati più oggetto delle attenzioni di Diego o di Marco per dirti. Stavolta per il missaggio e per il mastering volevo il contributo di un professionista così ho pensato a Marco Leo. Siamo amici da vent’anni e condividiamo una visione comune: quella di far tornare la musica suonata! E anche altro…

Il sottoscritto ha avuto la fortuna di ricevere il vinile, oggetto che conserverò come un diamante da qui alla fine dei miei giorni. Quanto era importante per te poter offrire la musica degli Analogic in questo formato e perché?

Godo molto nel vedere alcuni miei allievi e diversi giovani in generale con questa analogica passione. Se li fanno spedire a casa e vanno nei negozi di dischi e alle fiere, come facevamo noi del resto. È incredibile il fascino che esercita questo oggetto al di là della qualità sonora. Qui la cover diventa davvero importante, è parte integrante dell’opera, così ampia e (in)definita, ti ci perdi dentro come a un quadro bellissimo, che esplori da vicino per scovare qualche dettaglio in più di volta in volta. Sì, perché la guardi ancora e ancora, succede anche adesso, in questo preciso momento, davanti a quella degli Analogic, ovviamente! É un viaggio con le orecchie ma anche con gli occhi, alcune cover sono strepitose pensa a Bitches Brew di Davis, con quel gatefold pazzesco. La nostra è un quadro di mio padre, in puntinato, che era il suo stile perlopiù. Detengo i diritti di queste sue opere e trovo che alcune calzino al nostro sonoro, hanno un taglio craterico edulcorato. Cesare era un signore.. lui che all’epoca ha ascoltato i primi Analogic, associandoli ai Goblin! Siamo molto soddisfatti della parte grafica del nostro lavoro, curata appunto il mio ritrovato amico Mirko Giardini, che ai tempi ha realizzato la cover del primo di Vasco, Clic di Battiato, Sun Supreme degli Ibis, i Matia Bazar, i Timoria, gli Analogic e tanti altri, meniamocela un pò… E mai scorderò il giorno in cui sono andato con lui a ritirare i dischi! Comunque, gli Analogic escono con 500 copie in vinile dell’album Eva come unico supporto fisico, niente cd stavolta, almeno per ora. Chiaro che anche il digitale ha i suoi pregi, ma del resto, con tutte ste piattaforme d’ascolto, che te nei fai dei cd che manco ci sono più i buchi dove infilarli? Da collezionista ti dico che un disco, quando lo ami tanto, ce l’hai su entrambi i supporti e anche in cassetta nel mio caso. È sicuramente un piacere ascoltare un bell’album in vinile da un buon impianto, ma a volte è altrettanto intenso ascoltarselo in streaming con le cuffie, dipende…

Tra l’altro ho una tua bella dedica sulla copertina, ma che non possiamo riportare qui..

Dai, ti faccio avere anche un altro bauletto da appendere in casa con dedica più sobria. Adesso mi devi firmare tu i libri che hai pubblicato e vorrei anche un tuo album in cd possibilmente…

Promesso, appena riuscirò ad allestire il mini-magazzino casalingo. Detto questo, nella precedente intervista parlammo di flusso, o meglio, di quanto sia importante per un artista non interrompere il flusso. Aggiungiamo un altro pezzettino a questa sorta di slogan?

Il discorso qui è che queste lampadine si accendono a volte mentre suoni, a volte mentre guidi o mentre stai facendo qualcosa che in quel momento magari non puoi interrompere, ma bisognerebbe farlo perché a volte è un dono, a volte invece può non voler aggiungere nulla o addirittura essere un raviolo. Per esempio, mentre sono in auto ascolto registrazioni che esamino per estrapolare suoni e momenti interessanti, e se mi viene un’idea la canto, registrandola subito col registratore del telefono, semplicemente per non dimenticarla e per riprenderla poi con calma e con gli strumenti sottomano. Questo è un aspetto, ma il flusso di cui parlavo l’altra volta è quella valanga creativa che t’investe a volte anche mentre stai cazzeggiando con lo strumento e ti viene un’idea dopo l’altra e cominci a strutturare il pezzo, una sezione dopo l’altra, in grande spontaneità, sentendo che il linguaggio adottato è quello giusto, cioè il tuo, è quel momento in cui l’intenzione incontra la dimensione che cercavi. Le mani sullo strumento e la voce traducono in suono le tue più viscerali emozioni, ma anche sfumature più in superficie, tutto in realtà.

Cosa state facendo di bello in questo momento?

Siamo usciti live di recente e abbiamo proposto una versione minimal de La Cura di Battiato con buon riscontro e stiamo pensando a qualche altra canzone da presentare nei prossimi concerti oltre a quelle dell’album. Sto poi cominciando il lavoro su quella che sarà l’unica cover del prossimo disco, ossia Slowly Growing Deaf dei Mr. Bungle del già citato Mike Patton, e saranno cazzi amari. Ma qui se non si rischia un po’ non ci si diverte e soprattutto non si impara. Anzi a questo punto, quando vengono a suonare ci portiamo Patton e Trevor Dunn in macchina e gliela facciamo sentire così poi ci fanno il cameo nel video! Scherzi a parte, dicevo si procede con la scelta dei brani per il prossimo album, che vorrei imbastire in maniera molto più coesa e definita a livello sonoro, mantenendo sempre però il solito approccio. Sono attratto dal concept e ho in mente anche qualche idea un po’ matta, tradotta con strumenti inconsueti. Voglio spingermi un po’ più in là e, dopo un lavoro di ricerca, potrei riuscire a dare al suono un taglio di inequivocabile unicità. E bellezza magari. Ci sarà poi un confronto con gli altri della band, che farà da scrematura a tutto ciò. E questo loro filtro mi aiuta assai, se penso a certe carciofate compiute da me sotto lo pseudonimo di Davecrax..

Saluta i nostri lettori, ricordando link e cose di vitale importanza.

Ciao a tutti, di vitale importanza il link per ascoltare Eva degli Analogic. https://album.link/ppdf7twxkzjjb

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