Aritcolo di Emilio Aurilia
Il primo giugno 1967 è una data indelebile per il mondo della musica e del costume: è quella di pubblicazione di “Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band”, non semplicemente il nuovo album dei Beatles, bensì l’album per antonomasia, quello ad essere stato capace di rivoluzionare il mondo del rock. La band dei cuori solitari del Sergente Pepe (questa la traduzione del titolo) è una parodia riferita all’inizio ufficiale della seconda fase dell’attività dei quattro di Liverpool, in cui questa fantomatica banda si presenta sul palco ad una festa di esordio col primo cantante, un certo Billy Shears che sarebbe Ringo Starr a cantare il primo brano dopo quello eponimo introduttivo dell’evento. È un prodotto appariscente in tutti i sensi: a cominciare da quello visivo grazie ad una copertina ad alto impatto cromatico per rappresentare le coloratissime uniformi dei quattro musicisti contornati da foto di personaggi misti; da attori e attrici, a politici a musicisti, dove non v’è stato risparmiato un angolo. Sul piatto si può notare un’altra innovazione: il ridotto spazio fra la fine di una canzone e l’inizio della seguente, come a rappresentare una sorta di unicum inscindibile per far godere del prodotto in modo uniforme e continuo, un suggerimento seguito negli anni successivi da altri musicisti per la realizzazione di suite e medley. Un album che ha dato anche origine alle speculazioni sulle notizie circolate dal 1969 sulla presunta morte di Paul McCartney, perito tragicamente in un incidente stradale e rimpiazzato da un fantomatico sosia, e da quel momento sarebbero stati inseriti, album dopo album, indizi sia nelle foto di copertina, sia nei testi per una leggenda che ancora resiste al tempo arricchendosi di ulteriori particolari pruriginosi; ma questo è un discorso da affrontare eventualmente in altra sede.
Il capolavoro assoluto è il brano di chiusura “A day In the life” dal testo allusivo appunto a ciò che si è appena detto; è un pezzo distinto in due parti: la prima cantata da Lennon dall’andamento musicale ipnotico, drammatico, cupo e misterioso; l’intermezzo vocalmente eseguito da McCartney è più mosso ma non meno drammatico seguìto da un corale che riporterà alla melodia iniziale per l’ultima strofa e poi procedere in un crescendo orchestrale di stampo avanguardistico sovrinciso tre volte.
Alla luce delle produzioni successive (anche da parte loro) si possono trovare difetti in quest’album senza difetti; certe canzoni un po’ deboli sono state salvate da arrangiamenti originali, il punto forte dell’album che resta unico nella storia del rock, episodio insuperato.