MDN

The Big Carnival

 

Adriana La Trecchia Scola

 

 

Il grande carnevale e’ l’ altro titolo di un memorabile film di Billy Wilder sull’ America amara (realizzato un anno dopo il capolavoro Viale del tramonto).Il titolo originario e’ L’ asso nella manica (1951) e rappresenta una dura requisitoria contro la stampa scandalistica,ma in generale contro tutti quelli che sono disposti a creare un grande carnevale sulla tragedia personale.La Paramount e i giornalisti (ma anche il pubblico)si sentirono offesi dal tono cosi’ amaro e pessimista,per questo ci furono ripensamenti che abbandonarono il film all’ insuccesso.Lo stesso Wilder quasi per giustificarsi racconto’ che una volta aveva assistito ad un incidente e,mentre lui cercava soccorsi,un fotografo era interessato solo a scattare foto al ferito per venderle.Il film risulta tristemente profetico perche’ a distanza di tanti anni ha tracciato la via:il denaro unica misura di valore e motore del mondo.Oggi e’ comune assistere alla creazione di spettacoli indecenti su gravi fatti di cronaca perche’ ogni cosa deve fruttare.In una societa’ tardo-capitalista che ha superato qualsiasi limite e’ normale la mercificazione delle esperienze vitali.Si puo’ quasi dubitare dell’ esistenza del carattere umano dato che l’ estrema specializzazione del sapere parcellizza la conoscenza e la comprensione.Quando si parla tanto di diritti umani si arriva al punto che non si parla di niente:a meno che non si entri nello specifico di una casella predeterminata.Cosi’ lo scandalo dei Mondiali di calcio maschile in Qatar sono le disumane condizioni di lavoro degli stranieri assoldati per preparare l’ evento.In realta’ lo scandalo vero e’ l’ ipocrisia occidentale su questi Mondiali.Fare finta che questo obbrobrio non e’ la conseguenza dell’ avidita’ occidentale,che pur di incrementare gli affari sorvola sulle nefandezze circostanti.In passato lo sport (ma e’ il calcio) veniva usato per legittimare il potere politico (vedi gli spregevoli mondiali disputati sotto le dittature militari in Sud-america),oggi il potere e’ fondamentalmente economico.Infatti “i padroni dell’ universo” (dal film Wall Street) sono politicamente corretti nello svolgimento del loro operato in modo da non urtare la sensibilita’ dei clienti-consumatori.L’ aspetto inquietante e desolante e’ che si viene trucidati contenti.Non si pensa piu’ a combattere l’ iniquo ordine precostituito ma ci si conforma genuflessi.Questi anni sono noti oramai come periodo di profonda crisi per l’ avvicendarsi di tanti eventi catastrofici:il cambiamento climatico,la pandemia,la guerra.Ma il racconto che ne viene fatto e’ veritiero? Prendiamo la sciagurata guerra in Ucraina:fin dal primo momento non c’e’ stata partita a livello mass-mediatico.Se si considera che oltre i media tradizionali esiste il mare magnum di internet si capisce la pervasivita’ della globalizzazione economica.Essere politicamente corretti significa restare in superficie senza affrontare la complessita’:circa la guerra siamo pro Ucraina perche’ lo ha ordinato Washington.L’ univoca crociata occidentale anti-russa risulta disturbante in quanto sembra escludere sopraffazioni in altre parti del mondo (il caso piu’ citato e’ il predominio israeliano sui palestinesi).Nel vetusto ventesimo secolo la contrapposizione era tra due blocchi ideologicamente connotati:semplificando i buoni capitalisti americani e i cattivi socialisti-comunisti sovietici o russi.Gli eventi sanguinosi che si sono succeduti hanno dimostrato una verita’ lapalissiana,ossia dove c’e’ luce sussiste anche l’ ombra.Se non fosse drammatico si potrebbe ricorrere ad una battuta del mitico Bud Spencer per cui i peggior cattivi sono i buoni che diventano tali.Il capitalismo odierno e’ piu’ feroce di quello iniziale ottocentesco perche’ sostanzialmente ha vinto.Se la sua culla occidentale e’ invecchiata puo’ facilmente trovare nutrimento nelle sterminate e giovani popolazioni emergenti.Il “bello” della cultura postumana tecno-consumista e’ l’ indiscriminata fungibilita’.Ultimamente anche la cultura pop non si sottrae al fremente j’accuse contro lo strapotere economico (prima il fenomenale successo sud-coreano di Parasite poi l’ ultimo vincitore della Palma d’ Oro a Cannes Triangle of Sadness).Tuttavia se le elite culturali (sinistroidi) condannano le nefaste infamie della ricchezza,non escono dallo schema che la sorregge e consolida.Il punto e’ lo smarrimento reale di un impeto se non rivoluzionario almeno riformista.Anche se l’ assunto e’ “i ricchi fanno schifo” e sono i sottoposti a far funzionare il mondo con il loro lavoro,il rovesciamento dei ruoli non migliora le condizioni di vita perche’ non attua una equa redistribuzione delle risorse.L’ impasse e’ la mancanza di alternativa al capitalismo,che pur essendo la causa dei problemi,crea perfettamente una Weltnschauung compiuta.Come Eraclito disse “anche nella mia casa ci sono  dei” cosi’ la spiritualita’ del neoliberismo racchiude in se’ la propria finalita’ ultima:il profitto in nome del profitto.

 

All’ inizio di novembre il Brasile ha rieletto per un terzo mandato,dopo una interruzione di piu’ di dieci anni,Luiz Inacio Lula da Silva:il sindacalista che bene o male con le sue politiche ha fatto uscire dalla poverta’ milioni di concittadini.I festeggiamenti per il suo ritorno sono stati bruscamente interrotti dalla scomparsa di un simbolo rivoluzionario,la cantante Gal Costa.Tuttavia gia’ a inizio anno il 23 gennaio e’ morta a Rio de Janeiro Elza Soares(Elza Gomes da Conceicao).Aveva 91 anni e in piu’ di sessant’anni di carriera ha spaziato tra samba,jazz,sambalanco,bossa nova,soul,rock,hip hop e musica elettronica.Nella sua lunghissima carriera Elza Soares non ha mai rinnegato la miseria delle sue origini ma anzi l’ha raccontata a volte con candore,a volte con ironia,ma sempre con una sorta di rabbia controllata sottostante.Era nata poverissima in una favela nella zona ovest di Rio de Janeiro,subendo violenze e sopraffazioni,ma sapeva che il suo talento era cantare e che la musica poteva dare la speranza di una vita migliore.Percio’ con la forza della disperazione nel 1953 riusci’ a iscriversi ad un concorso musicale radiofonico.Quando il famoso presentatore vide salire sul palco la ragazza nera,con chiaramente impressi i segni della poverta’,le chiese:”E tu,figlia mia,da che pianeta vieni?”.Lei entra nella leggenda della musica popolare brasiliana rispondendo:”Dal suo stesso pianeta,signore,il pianeta della fame”.Da li’ comincia il suo successo,che poi e’ il successo della musica popolare brasiliana.La bossa nova e il samba sono un travolgente fenomeno commerciale perche’ per le classi bianche e ricche rappresentano uno spensierato divertimento,ma sotto c’e’ qualcosa di piu’ profondo.Come forme d’ arte degli emarginati,poveri e neri,esprimono la sofferenza e la voglia di rivalsa.In A corda e a cacamba (La corda e il secchio) Elza Soares canta:”Il samba e’ musica e poesia,sofferenza e allegria.Samba la gente povera che lavora per vivere e la gente ricca che non ha niente da fare”.Sono temi che una cantante nera non poteva rendere espliciti negli anni sessanta non solo in Brasile,ma anche negli Stati Uniti e in Europa.Solo nell’ ultima fase della sua carriera Elza Soares ha potuto gridarli in modo rivoluzionario,come quando canta nella A Carne:”La carne che costa meno al mercato e’ quella nera,dobbiamo lottare con intelligenza per il rispetto e per la giustizia perche’ questo paese sta facendo diventare tutti quanti neri”. Bisogna poi ricordare che la Soares, diventata famosa,conobbe durante i mondiali di calcio in Cile del 1962 il grande e travagliato amore della sua vita:il calciatore Garrincha,anche lui brasiliano e sopravvissuto del “pianeta della fame”.La loro storia d’ amore suscito’ scandalo in Brasile,per cui quando lui lascio’ la moglie per sposare Elza,dovettero trasferirsi a Sao Paulo e poi in Italia.

 

 

 

Leave a Reply

Area Riservata